La questione della parità di genere all’interno della Commissione Europea si sta rivelando una sfida significativa per Ursula von der Leyen. Con solo cinque donne nominate su diciassette paesi dell’Unione Europea, rappresentando il 29%, la situazione attuale mette in evidenza la predominanza maschile nei ruoli decisionali.
Il contesto delle nomine
La Commissione Europea, il principale organo esecutivo dell’Unione, è composta da un commissario per ciascuno dei 27 Stati membri. L’attuale processo di nomina per il nuovo Collegio di von der Leyen si sta svolgendo in un clima di attesa e opportunità, con la presidente che ha espresso chiaramente l’intento di garantire una rappresentanza equilibrata di genere. Secondo il mandato, i governi nazionali erano stati invitati a presentare due candidati: uno uomo e uno donna, per facilitare una selezione equa. Tuttavia, questo appello non ha trovato seguito da parte dei paesi membri fino ad ora.
Ursula von der Leyen, leader di Frankfurt, ha sottolineato in una recente sessione del Parlamento europeo l’importanza di avere “candidati preparati che condividano un profondo impegno europeo,” richiamando l’attenzione sull’urgenza di raggiungere, ad almeno, una rappresentanza paritaria. Senza un adeguato rispetto di questa richiesta, la Commissione rischia di non riflettere il suo stesso impegno verso l’uguaglianza.
Le candidate donne
Le cinque donne attualmente nominate provengono da vari paesi. In particolare, Dubravka Šuica rappresenterà nuovamente la CROAZIA, mentre la Spagna ha proposto Teresa Ribera, ministra dell’Ambiente, quale tentativo di ottenere un portafoglio significativo nel settore climatico o energetico. Dalla SVEZIA, Jessika Roswall ha già ricevuto l’approvazione come figura di rilievo nel panorama politico europeo, e infine, l’europarlamentare Henna Virkkunen è la candidata della FINLANDIA.
Queste nomine sono emblematiche, ma sottolineano anche un problema più ampio: la scarsità di donne nelle posizioni dirigenziali in Europa. Senza un impegno deciso da parte dei governi, la strada verso un’uguaglianza di genere effettiva nella Commissione potrebbe essere complicata.
La predominanza maschile nelle candidature
Malgrado le richieste di von der Leyen, il panorama delle candidature è caratterizzato da una netta prevalenza maschile. Attualmente, tra i restanti nove Stati membri che non hanno ancora presentato le loro nomination, il numero di donne proposte è sorprendentemente scarso. Ad esempio, tra i nomi menzionati, il ministro danese Dan Jørgensen è considerato il favorito per il posto, mentre in Portogallo, Miguel Poiares Maduro emerge come candidato principale. Dal LUSSEMBURGO, la situazione sembra intrappolata tra due uomini, l’attuale commissario Nicolas Schmit e l’eurodeputato Christophe Hansen.
Negli altri sei stati membri la situazione è altrettanto incerta, con paesi come BELGIO, BULGARIA, CIPRO, ITALIA, LITUANIA e ROMANIA che mantengono un silenzio strategico contribuendo a questa disparità. Questa mancanza di candidature femminili suscita preoccupazioni significative riguardo future politiche e pratiche relative all’uguaglianza di genere in ambito politico.
Le aspettative per von der Leyen
Ursula von der Leyen affronta quindi una questione cruciale. Essendo la prima donna a guidare l’esecutivo dell’Unione Europea, la sua credibilità come paladina dei diritti delle donne potrebbe essere compromessa se non si riuscisse a creare un Collegio equilibrato. La presidente ha già annunciato la creazione di una “Tabella di marcia per i diritti delle donne” nel corso del suo secondo mandato, affrontando le criticità a livello salariale e pensionistico e tentando di prevenire la violenza di genere.
Tuttavia, la sua posizione non ha alcun potere legale per garantire che gli stati membri rispettino la richiesta di parità di genere. Ciò la costringe a contare sull’impegno volontario delle capitali europee. Un portavoce della Commissione ha ribadito che, mentre gli stati membri stanno elaborando le loro scelte, sarà difficile fare commenti specifici sulle potenziali nomination fino alla scadenza del 30 agosto.
La mancanza di sostegno da parte di alcuni paesi, come dimostrato dalla decisione dell’irlandese Simon Harris di nominare solo l’ex ministro delle Finanze Michael McGrath, nonostante le affermazioni a favore della parità di genere, evidenzia ulteriormente la complessità di queste nomine. È evidente che l’attenzione ora si concentra su come von der Leyen gestirà la situazione per migliorare la rappresentanza femminile in una Commissione cruciale per il futuro politico dell’Unione Europea.