La presenza femminile nel campo delle scienze e delle tecnologie in Italia e in Europa sta mettendo in luce un gap di genere significativo. Nonostante alcuni progressi, le donne continuano a essere sottorappresentate nelle discipline STEM e STEAM, che includono anche le Arti. Questi dati sollevano questioni sulla parità di accesso e sulle opportunità di carriera nel settore scientifico.
La situazione attuale in Italia
Secondo i dati forniti dall’Istat, solo il 23% dei giovani tra i 24 e i 35 anni possiede una laurea nelle discipline STEM. Questo dato però nasconde una realtà allarmante: il numero di donne con tali qualifiche scende sensibilmente al 16,6%, mentre per gli uomini si attesta sul 34%. Stefania Montemezzi, coordinatrice della Commissione DEI della Società Italiana di Radiologia Medica e Interventistica , ha presentato queste informazioni durante il convegno “Sostenibilità in Radiologia: ricerca, innovazione e responsabilità”, in occasione della Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza.
Oltre ai numeri complessivi, il divario di genere si riflette anche nello sviluppo delle carriere: le donne che scelgono di intraprendere un percorso nelle STEM spesso si trovano ad affrontare barriere extra, a causa di un ambiente lavorativo e culturale che può apparire ostile o poco accogliente rispetto alle loro aspirazioni. La scarsità di modelli femminili di riferimento e la mancanza di opportunità di networking influiscono negativamente sull’inserimento delle laureate nel mondo del lavoro.
Il contesto europeo e il divario geografico
Se i dati in Italia non sono confortanti, la situazione non è migliore in Europa. L’Eurostat segnala che a livello europeo, la media dei laureati nelle discipline STEAM è di circa 21 ogni 1.000 giovani tra i 20 e i 29 anni. Tuttavia, tra questi, solo il 14,9% sono donne, mentre i ragazzi rappresentano il 27,9%. Tale divario è presente in tutti gli Stati membri dell’Unione, con l’Italia che si posiziona a metà classifica in termini di rappresentanza femminile in queste discipline.
Un altro fattore da considerare è il forte divario territoriale che si manifesta in Italia, con differenze significative tra Nord e Sud. Mentre le regioni settentrionali tendono a presentare percentuali più alte di laureate in STEM, le regioni meridionali mostrano un’incidenza minore, aggravando così le disuguaglianze già esistenti. Questa dirompente discrepanza non influisce solo sulla formazione, ma si traduce anche in un’estesa disparità salariale tra gender, rendendo urgente l’intervento per colmare tali lacune.
Proposte per incrementare la partecipazione femminile
Montemezzi ha avanzato delle raccomandazioni pratiche per combattere il gender gap nelle STEM. Tra le proposte più incisive ci sono l’introduzione di modelli di riferimento femminili e l’incremento delle esperienze pratiche durante il percorso scolastico. Inoltre, il supporto da parte di insegnanti e famiglie si rivela cruciale per instillare una maggiore fiducia nelle ragazze che si avvicinano a queste discipline.
È fondamentale che le istituzioni si impegnino attivamente per promuovere eventi e programmi che incoraggino la partecipazione femminile nella scienza e nelle tecnologie, invertendo la narrazione attuale che tende a rappresentare tale mondo come esclusivo per gli uomini. Solo con un impegno congiunto, sia a livello educativo che culturale, ci sarà la possibilità di cambiare il paradigma che ha storicamente emarginato le donne dalla scienza.
L’importanza di queste azioni viene sottolineata da iniziative come il progetto “Mind the STEM gap”, sostenuto dalla Fondazione Bracco, che si impegna a promuovere l’accesso femminile alle discipline STEM e superare gli stereotipi di genere. Le donne non solo devono essere viste come partecipanti, ma anche come agenti di cambiamento fondamentali per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030, dove la parità di genere è una delle chiavi per il progresso collettivo.