La situazione in Russia rispetto alla guerra in Ucraina è complessa e sfumata. Mentre Vladimir Putin continua a mantenere la sua linea nel conflitto, all’interno del paese emergono segni di disaccordo, specie dopo l’elezione di Donald Trump negli Stati Uniti. La prospettiva di una risoluzione negoziale del conflitto ha sollevato preoccupazioni e divisioni tra le élite russe, che mostrano sentimenti di delusione e frustrazione nei confronti della conduzione della guerra e della mancanza di una strategia chiara per il futuro.
Il pensiero critico delle élite russe
Secondo un’analisi approfondita condotta dall’Institute for the Study of War , basata sulle informazioni di Meduza, un media russo indipendente, molte figure di spicco dell’élite russa si mostrano sempre più insoddisfatte. Coloro che un tempo sostenevano l’operazione militare speciali ora manifestano sentimenti di stanchezza nei confronti del conflitto in corso. La paura dell’impatto duraturo delle sanzioni sulla già fragile economia russa sta contribuendo a questo clima di incertezza. Fonti vicine al governo affermano che le strategie per una ricostruzione post-bellica risultano confuse e prive di una direzione chiara, sollevando interrogativi sulla capacità del Cremlino di gestire la fase successiva.
Molti all’interno dell’apparato governativo avvertono che l’attuale approccio è insufficiente per affrontare le sfide future. Queste preoccupazioni si riflettono in richieste di una mobilitazione maggiore e di un intervento più incisivo per generare risultati tangibili sul campo di battaglia, giustificando così la necessità di una transizione verso un’economia di guerra. Alcuni elementi dell’apparato di sicurezza criticano apertamente la scelta di non lanciarsi in una mobilitazione più incisiva, evidenziando che la mancanza di risorse umane è una delle cause principali delle difficoltà che le forze russe si trovano ad affrontare.
Le perdite e il costo della guerra
Le perdite subite dalla Russia durante il conflitto sono state significative, e vi è una crescente consapevolezza all’interno delle forze armate riguardo ai costi elevati sostenuti per progressi minimi sul campo. Mentre Mosca ha effettuato piccoli avanzamenti tattici in alcune aree dell’Ucraina, come le direzioni di Pokrovsk e Kurakhove, questi risultati sono stati ottenuti a caro prezzo. Le operazioni di fanteria si rivelano lente e inefficaci, incapaci di trasformarsi in una svolta strategica decisiva. Le forze russe riescono a ottenere piccole vittorie, ma senza riuscire a sfruttarle per infliggere danni sostanziali alle linee nemiche.
La reticenza di Putin a lanciare una nuova mobilitazione ha sollevato ulteriori preoccupazioni tra le alte sfere, soprattutto in un contesto in cui il settore produttivo soffre di mancanza di manodopera e di figure qualificate. L’inflazione sta colpendo duramente l’economia russa, portando a una situazione di stallo che rende ogni decisione strategica ancora più difficile.
La posizione di Mosca e la prospettiva di negoziati
Nei recenti sviluppi, l’analisi condotta da Meduza evidenzia che Putin non sembra intenzionato a perseguire una soluzione pacifica del conflitto a breve termine. Ci sono molteplici dubbi riguardo alla capacità di Mosca di mantenere il controllo sulle regioni ucraine che ha dichiarato di aver annesso, come Luhansk, Kherson, Zaporizhzhia e Donetsk. Questa incertezza è alla base della necessità per il presidente di presentare al pubblico russo e alla comunità internazionale un’immagine di vittoria.
Per questo motivo, i negoziati proposti dal Cremlino appaiono più come una manovra strategica per dettare le condizioni piuttosto che uno sforzo autentico volto a trovare una pace duratura. La situazione attuale pone quindi una serie di sfide significative non solo per Putin, ma per l’intera gestione politica e militare russa, che deve rispondere a pressioni interne e internazionali sempre più complesse.
Ultimo aggiornamento il 11 Gennaio 2025 da Donatella Ercolano