La recente decisione di Joe Biden di ritirarsi dalla corsa presidenziale ha scosso le fondamenta del Partito Democratico statunitense. In questo contesto tumultuoso, abbiamo interpellato Rachel Rizzo, senior fellow dell’Atlantic Council, che offre una chiara analisi delle prospettive attuali per i democratici. La proclamazione immediata del sostegno di Biden a Kamala Harris rappresenta un passaggio cruciale nella trama politica degli Stati Uniti.
Una convenzione democratica riaperta o una transizione ordinata?
Le possibilità di una brokered convention
Negli ambienti politici di Washington si parla spesso della possibilità di una brokered convention, un incontro cruciale nel quale i delegati del Partito Democratico potrebbero riaprire i giochi e proporre nuovi candidati. Tuttavia, Rizzo non è convinta che questo scenario si materializzerà. Al contrario, prevede una transizione più controllata in cui Kamala Harris emergerà come candidata principale per la presidenza.
Il ragionamento di Rizzo è supportato da diversi colloqui con i delegati. “Il partito si muoverà verso una transizione ‘ordinata’ piuttosto che aprire a una competizione caotica,” afferma l’esperta. Se Harris viene designata come candidata presidenziale, la sua scelta di un candidato vice sarà cruciale. I nomi che circolano, come quello di Roy Cooper, governatore della Carolina del Nord, Josh Shapiro, governatore della Pennsylvania, e Andy Beshear, governatore del Kentucky, rappresentano un ritorno a figure che possano garantire stabilità e moderazione.
La variante della panico politico
Tuttavia, ci sono anche voci critiche. Un’entrata irruenta in una competizione tra troppi candidati potrebbe compromettere l’immagine di unità del partito. Rizzo sottolinea che la lotta interna avrebbe conseguenze devastanti e allontanerebbe l’elettorato, “un tutti contro tutti sarebbe molto caotico,” avverte, e non servirebbe gli obiettivi a lungo termine del Partito Democratico.
L’uscita di Biden e le sue conseguenze
I tempi delle dichiarazioni
Attualmente, all’interno del partito, si attende con crescente attenzione la comunicazione di Biden, prevista per i prossimi giorni. “Questa è stata una decisione storica per un presidente in carica,” commenta Rizzo. È difficile immaginare che i membri del partito possano contestare la nomina di Kamala dopo il ritiro di Biden. Tuttavia, è chiaro che il campo politico si sta evolvendo e che nuovi nomi stanno emergendo come possibilità per il futuro.
Le nuove facce del partito
Tra i nomi che circolano per potenziale candidabilità ci sono Gavin Newsom, governatore della California, e Gretchen Whitmer, governatrice del Michigan. Rizzo sottolinea come questi politici stiano attivamente costruendo il loro profilo pubblico per eventuali future elezioni. “È un momento di ‘sangue nuovo’ nel panorama politico,” puntualizza, ma avverte che sfidare un presidente in carica, anche se non più in corsa, presenta rischi notevoli.
Le sfide finanziarie e il voto dei delegati
Risorse finanziarie in gioco
Un altro aspetto da considerare è la questione dei fondi della campagna. Attualmente, le risorse sono allocate per la coppia Biden-Harris, il che implica che eventuali sfidanti non associati non possono contare su questo tesoretto. La necessità di avviare una raccolta fondi autonoma rappresenta una sfida significativa per chi decidesse di lanciarsi nella mischia. “Non è facile, ma non è nemmeno escluso,” afferma Rizzo, mentre il tempo stringe.
Il voto dei delegati
Infine, c’è la questione del voto dei delegati. Anche se inizialmente hanno votato per la coppia Biden-Harris, la nuova situazione implica che non sono obbligati a sostenere Kamala come candidata. “Non è semplice cambiare cavallo in corsa,” conclude Rizzo, mettendo in luce la complessità e l’incertezza della situazione attuale. Il Partito Democratico si trova dunque di fronte a sfide senza precedenti che richiederanno astuzia e strategia per navigare nel futuro politico degli Stati Uniti.