Le città si espandono ogni anno e oggi un gruppo di ricercatori delle università di Bologna e Ca’ Foscari Venezia ha tentato di tracciare una mappa prevista delle future aree urbane. La loro ricerca, basata sull’analisi delle luci notturne di satelliti e su dati geomorfologici e climatici, svela le condizioni che favoriscono lo sviluppo urbano e indica dove le città potrebbero crescere nei prossimi decenni. Questo studio si concentra su una vasta porzione del nord-est cinese, intorno a Pechino, ma il modello sviluppato nasce con l’obiettivo di applicarsi anche in altri contesti geografici.
Il contesto dell’espansione urbana globale
L’avanzata delle aree urbane è un fenomeno noto e ampio su scala mondiale. Nel 2025 oltre la metà della popolazione vive in città, e secondo le stime, entro il 2050 il numero arriverà al 66%. La crescita delle metropoli comporta nuove sfide per la gestione del territorio, delle risorse naturali e dell’ambiente. Capire dove e come si svilupperanno le città aiuta a pianificare infrastrutture e a limitare rischi come quello idrogeologico o ambientale. Lo studio degli esperti italiani si inserisce in questa prospettiva, sfruttando dati storici per anticipare i trend di urbanizzazione futuri.
Il modello matematico basato sulle luci notturne satellitari
L’analisi parte dall’osservazione delle luci urbane visibili dallo spazio. I satelliti hanno raccolto immagini tra il 1992 e il 2013 con una risoluzione di un chilometro quadrato, identificando con precisione le aree illuminate e quindi urbanizzate. In un quadrato di mille chilometri per lato che include Pechino e la sua periferia, ogni cella è stata classificata come urbana o non urbana in base all’intensità luminosa. Questo metodo permette di rilevare con continuità la crescita spaziale delle città nel tempo e genera una base dati affidabile per costruire un modello di espansione predittivo.
Variabili territoriali e climatiche che guidano la crescita urbana
Gli elementi principali considerati nel modello riguardano caratteristiche fisiche del territorio e condizioni climatiche. L’altitudine e la pendenza del terreno definiscono la facilità con cui una zona può essere urbanizzata. Le città tendono a svilupparsi su superfici piane o dolcemente inclinate, scartando generalmente pendii ripidi e inaccessibili. Anche la vicinanza ai corsi d’acqua o al mare è un fattore determinante per l’insediamento umano, grazie a risorse idriche e opportunità commerciali. I dati climatici, come temperatura media e precipitazioni, influenzano a loro volta la qualità di vita e la praticabilità delle aree per nuovi insediamenti. Il modello prevede inoltre che l’espansione avvenga in prossimità di zone già urbanizzate, a conferma di un’espansione con continuità territoriale più che di salti improvvisi.
la capacità del modello di replicare la crescita reale di Pechino
Testando il modello con i dati raccolti dal 1992 al 2013, i ricercatori hanno ottenuto risultati che riproducono fedelmente la forma e l’estensione dei cluster urbani sviluppatisi nel nord-est della Cina. Le aree pianeggianti vicine all’acqua hanno visto un’accelerazione più marcata dell’urbanizzazione. Questi risultati rimarcano come gli insediamenti umani si siano sempre concentrati nelle pianure e lungo corsi d’acqua, tracciando un percorso prevedibile nell’espansione delle città. Nel caso di Pechino, la rapida crescita dell’ultimo trentennio si inserisce esattamente in questo schema.
Applicazioni e prospettive del modello per la pianificazione urbana
Secondo Enrico Bertuzzo, docente a Ca’ Foscari e coordinatore dello studio, la forza del metodo risiede nella sua formulazione quantitativa e nella flessibilità che lo rende adattabile ad altre aree. Riuscendo a identificare le zone più a rischio di espansione urbana, il modello può agevolare chi progetta piani regolatori o interventi di tutela ambientale. Può anche aiutare a gestire la sicurezza del territorio, specie nelle aree più sensibili dal punto di vista idrogeologico, considerando la frequenza crescente di eventi climatici estremi negli ultimi anni. La ricerca, pubblicata su Earth’s Future, si colloca tra gli strumenti a supporto di politiche che controllino il consumo di suolo e la sostenibilità delle periferie urbane.