La proliferazione di armi letali tra i giovani, legata a un modello culturale camorristico, solleva interrogativi sulla sicurezza pubblica. A Napoli, il recente omicidio di Arcangelo Correra non è solo un tragico episodio, ma un segnale di un fenomeno allarmante e in crescita. Gli esperti richiedono misure drastiche, suggerendo un impegno collettivo per affrontare questa intimidatoria realtà.
Un fenomeno in crescita: camorra e giovanissimi
Emilia Galante Sorrentino, sostituto procuratore presso il Tribunale per i Minorenni di Napoli, ha messo in luce un cambiamento significativo nelle modalità di coinvolgimento dei giovani da parte della camorra. “Assistiamo a una camorra 2.0”, ha spiegato Sorrentino, evidenziando come l’organizzazione criminale stia armando minorenni e sfruttandoli sia per lo spaccio che per atti di violenza, considerando la loro familiarità con il territorio e la giustizia più permissiva nei loro confronti. Questo approccio sembra segnalare una nuova strategia operativa della malavita, che punta a un coinvolgimento diretto dei più giovani.
Il contesto di questa crescente violenza non è solo di natura criminale, ma è anche radicato in una profonda crisi culturale. Sorrentino ha sottolineato come molti ragazzi siano attratti dall’immagine di forza e controllo che la camorra rappresenta. L’approccio camorristico ai conflitti, dove anche il più banale dei dissidi può sfociare in violenza, sta diventando un modello accettato e persino ammirato. Questa mentalità, spiegano gli esperti, si traduce in atti violenti tra coetanei, come dimostrano recenti episodi di aggressione tra studenti.
Le armi: una realtà facilmente accessibile
Negli ultimi anni, il passaggio da armi rudimentali come coltelli a pistole caricabili ha reso la situazione ancora più critica. Sorrentino ha puntualizzato che i giovani hanno accesso a queste armi con sorprendente facilità, spesso attraverso acquisti su internet o social media. Armi da sparo precedentemente legali, come le pistole a salve, vengono modificate in laboratori clandestini e rese letali con costi contenuti.
Questa situazione, unita all’uso di sostanze stupefacenti, contribuisce a creare un ambiente altamente pericoloso in cui i ragazzi possono facilmente ottenere e usare armi. La velocità con cui si può accedere a strumenti di violenza rappresenta una vera e propria emergenza, sottolineata dalla richiesta di Sorrentino di misure di sicurezza immediate, come una maggiore presenza delle forze dell’ordine e sistemi di sorveglianza elettronica.
Dalla repressione all’educazione: proposte per il futuro
Per affrontare questo fenomeno complesso, Sorrentino ha sollecitato anche un investimento significativo nella cultura, nell’istruzione, e nella creazione di opportunità lavorative. Le istituzioni devono rispondere con politiche che offrano modelli di vita alternativi, specialmente per i giovani già esclusi dal circuito educativo tradizionale.
Progetti come quelli dell’Istituto penale minorile di Nisida mostrano che, quando i ragazzi sono sotto controllo, possono sentirsi motivati a seguire percorsi di legalità. Tuttavia, una volta tornati nella realtà quotidiana, spesso si trovano di fronte a un contesto socio-economico devastato e a poche prospettive di lavoro. Questo riduce i risultati ottenuti, spingendo alcuni a ricadere nelle dinamiche violente.
Rivolgersi a modelli educativi alternativi è essenziale per prevenire il rischio di reiterare cicli di comportamenti violenti e di marginalizzazione. Le forze dell’ordine e gli educatori devono cooperare per ristrutturare la cultura giovanile, portando alla luce un dialogo volto alla costruzione di una comunità più sicura e solidale.
La situazione a Napoli è rappresentativa di un problema più ampio che coinvolge le istituzioni e la società, richiedendo un intervento immediato e sinergico per proteggere le giovani generazioni.
Ultimo aggiornamento il 10 Novembre 2024 da Armando Proietti