La commissione parlamentare che indaga sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori ha ascoltato le testimonianze del legale di Enrico De Pedis, Maurilio Prioreschi, su alcuni aspetti controversi legati alla vita e alla sepoltura del boss della Banda della Magliana. Durante l’audizione, sono state condivise informazioni inedite riguardo ai rapporti che De Pedis intrattenne con Monsignor Vergari, così come il contesto della sua sepoltura.
Il legame tra Enrico De Pedis e mons. Vergari
Secondo quanto riferito dall’avvocato Prioreschi, Enrico De Pedis avrebbe conosciuto Monsignor Vergari durante la sua seconda detenzione, successiva alla scomparsa di Emanuela Orlandi. Uscito dal carcere nel 1988, De Pedis si avvicinò alla basilica di Sant’Apollinare, dove trovò in Vergari una persona con cui instaurare un buon rapporto. L’appassionato di canto gregoriano si impegnò attivamente nell’ambiente ecclesiastico, partecipando alle messe e frequentando la basilica.
Monsignor Vergari, desideroso di ristrutturare la cripta della basilica, programmava di creare dieci celle mortuarie per accogliere anche le sepolture di privati cittadini, cosa che ha affascinato De Pedis. I due si recarono insieme a visionare gli spazi della cripta, che si presentava in uno stato di degrado. È in questo contesto che avrebbero discusso delle possibilità futuras di sepoltura, senza però prevedere i risvolti drammatici che avrebbero colpito De Pedis stesso.
La sepoltura di Enrico De Pedis e gli atti vandalici
Dopo la morte di De Pedis, avvenuta in circostanze violente, la sua sepoltura avvenne nel cimitero del Verano, nella tomba della famiglia della moglie. Tuttavia, quella tomba divenne rapidamente oggetto di atti vandalici, spingendo la moglie a riconsiderare la scelta iniziale. Infatti, la donna lavorava nelle vicinanze della basilica e la possibilità di avere il marito sepolto a soli 200 metri dalla sua attività sembrava un’idea vantaggiosa.
La richiesta di spostare la sepoltura nella cripta di Sant’Apollinare nasce così dalla necessità di proteggere la memoria di De Pedis e facilitare l’accesso alla sua tomba per i familiari. Secondo Prioreschi, la moglie si è assunta l’onere delle spese di ristrutturazione della cripta, rendendo possibile questo trasferimento. Questo richiamo alla storia personale di De Pedis e alla sua famiglia evidenzia un aspetto umano che spesso sfugge nell’analisi pubblica della figura dell’ex boss.
La figura di Enrico De Pedis nei processi e la controversia post-mortem
Durante l’audizione, Prioreschi ha ricostruito la storia giuridica di De Pedis, sottolineando come, nonostante il suo passato criminale, fosse stato assolto da tutte le accuse prima della sua morte. Nato nel 1954, De Pedis fu arrestato per la prima volta a 20 anni per una rapina e si trovò coinvolto in numerosi processi, ma fu sempre in grado di difendersi fino a guadagnarsi la libertà nel gennaio del 1988.
Dopo la sua morte, la sua figura giuridica è stata avvolta da un’aura di controversie, tanto che l’avvocato ha messo in evidenza il fenomeno della condanna postuma. Davanti alla commissione, Prioreschi ha ribadito che trasmettere il peso di atti del passato a una figura ormai defunta, senza il potere di difendersi, è iniquo e poco rispettoso della verità giuridica.
Infine, è stato sollevato il problema dei trasferimenti della tomba e delle ricostruzioni in corso nella basilica, evidenziando che senza l’accordo della famiglia, nessuna decisione avrebbe potuto essere presa. La decisione di rimuovere la tomba rappresenta un tema complesso e delicato, sia dal punto di vista legale che di rispetto per la memoria dei defunti.
Ultimo aggiornamento il 19 Dicembre 2024 da Sara Gatti