Evaristo Scalco condannato a 23 anni per omicidio: La storia dell'omicidio di Javier Alfredo Miranda Romero a Genova

Evaristo Scalco condannato a 23 anni per omicidio: La storia dell’omicidio di Javier Alfredo Miranda Romero a Genova

Un maestro d’ascia condannato a 23 anni per aver ucciso Javier Alfredo Miranda Romero con un arco durante una lite, sollevando interrogativi su razzismo e violenza sociale a Genova.
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Evaristo Scalco condannato a 23 anni per omicidio: La storia dell'omicidio di Javier Alfredo Miranda Romero a Genova - Gaeta.it

Un tragico episodio ha segnato la notte del 1 e 2 novembre 2022 nel centro storico di Genova, quando Evaristo Scalco, maestro d’ascia, ha tolto la vita a Javier Alfredo Miranda Romero, colpendolo con un’arco e una freccia. La Corte d’Assise d’Appello ha confermato la condanna a 23 anni di carcere per Scalco, accogliendo la richiesta del sostituto procuratore generale Alessandro Bogliolo. Questo caso ha suscitato grande attenzione e indignazione, non solo per la brutalità del crimine, ma anche per la dinamica che ha portato a quel fatale scontro.

La notte del delitto: un festeggiamento che si trasforma in tragedia

Quella notte, Javier Alfredo Miranda Romero era uscito a celebrare la nascita del suo bambino insieme a un amico. Con grande entusiasmo, i due si erano posizionati sotto la finestra dell’abitazione di Scalco. Secondo la ricostruzione dei fatti, l’artigiano si era affacciato al balcone, infuriato per il baccano e per alcune immagini che percepiva come offensive, tanto da apostrofarli con insulti pesanti, tra cui un “andate via immigrati di m…”.

La tensione era palpabile e, alla provocazione di Scalco, uno dei ragazzi aveva reagito mostrando il dito medio. Questo gesto ha spinto Scalco a prendere l’arco, attrezzo da lavoro che si rivelò letale. Dopo aver montato la punta più affilata e pericolosa a sua disposizione, ha scoccato la freccia, colpendo Romero in modo fatale. Nonostante le circostanze e l’alterco, una domanda rimane: come può una lite verbale sfociare in un gesto così estremo?

L’assenza di soccorso e il destino tragico di Romero

Dopo aver colpito la vittima, Scalco non si è fermato ad assistere il giovane ferito, ma è sceso in strada nel tentativo di estrarre il dardo conficcato nel corpo di Romero. Testimonianze emerse in aula hanno riportato che, per undici lunghi minuti, Scalco non ha contattato i soccorsi, mentre diversi passanti si sono precipitati per aiutare. La pm Arianna Ciavattini ha sottolineato questo aspetto durante le udienze, rivelando che il comportamento dell’accusato ha ulteriormente aggravato la situazione. Romero è stato trasportato in ospedale in condizioni disperate ma, purtroppo, non è riuscito a sopravvivere all’incidente.

Questo elemento ha destato profonde riflessioni nel contesto del processo. La scelta di Scalco di non prestare aiuto ha scatenato un’ondata di indignazione e ha messo in luce la gravità della sua azione. La condotta scorretta dell’imputato, chiara e innegabile, ha contribuito a costruire un quadro di assoluta condanna nei suoi confronti.

Processo e dibattimenti: difesa e accusa

I legali difensori di Scalco, avvocati Jacopo Pensa e Federico Papa, si sono sempre battuti sostenendo che il loro assistito non avesse l’intenzione di uccidere, ma solo quella di spaventare. Hanno cercato di dimostrare che l’azione avesse carattere di reazione emotiva, piuttosto che un’intenzione omicida premeditata. Tuttavia, sia il primo grado che il secondo hanno rigettato questa linea difensiva, escludendo l’aggravante dell’odio razziale nel verdetto.

Durante il processo, si è evidenziato il contesto più ampio, con discussioni sul clima di tensione sociale e su questioni legate all’immigrazione e alla convivenza. L’episodio ha sollevato interrogativi sul razzismo latente e sull’intolleranza, un tema che continua a generare dibattito nella società italiana. Il verdetto finale ha portato a una sentenza di condanna, ribadendo la necessità di affrontare il problema delle violenze legate a conflitti derivanti da incomprensioni e pregiudizi.

La reazione dei familiari della vittima

Dopo la lettura del dispositivo da parte della Corte d’Assise d’Appello, i familiari di Javier Alfredo Miranda Romero, assistiti dagli avvocati Francesca Palmero e Jari Felice, si sono abbracciati, visibilmente colpiti dal verdetto e consapevoli che la loro battaglia non è stata vana. La condanna di 23 anni, sebbene significativa, non riporterà in vita il loro caro, ma rappresenta per loro un passo verso la giustizia per la tragica perdita subita.

La dinamica dell’evento e le sue ripercussioni hanno acceso un faro sulle problematiche legate alla sicurezza, alle relazioni sociali e culturali, riflettendo un malcontento che si annida in certe comunità. La speranza è che questo caso possa servire da monito e spingere verso un futuro più inclusivo e rispettoso delle diversità culturali.

Ultimo aggiornamento il 17 Dicembre 2024 da Sara Gatti

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