Le Acciaierie d’Italia si trovano all’interno di una fase critica del loro percorso. Scadono infatti i termini per la presentazione delle offerte di acquisto, un momento decisivo per il futuro del gruppo. Le buste contenenti le proposte vincolanti arriveranno sulla scrivania dei Commissari straordinari. Questo passaggio non solo segnerà l’inizio di una fase di valutazione delle offerte, ma sarà anche un’opportunità per plasmare il futuro industriale di una realtà economica di grande rilevanza in Italia.
La situazione attuale e i termini di scadenza
Il termine fissato per la presentazione delle offerte di acquisto è giunto senza ulteriori proroghe da parte delle autorità competenti. La scadenza originaria era il 30 novembre, ma dopo una breve proroga, oggi, 10 gennaio, si chiude una fase di incertezze e negoziazioni. L’iter non si preannuncia semplice. L’interesse per le Acciaierie d’Italia è noto, ma il percorso per una chiusura fruttuosa delle trattative richiederà tempo e gli oggetti della trattativa devono essere attentamente analizzati.
Per sostenere la situazione economica dell’azienda, il governo ha previsto un aumento del prestito ponte, che passa da 320 a 420 milioni di euro. Questo intervento mira a dare respiro all’impresa in un momento in cui la produzione è ferma e la necessità di rilancio si fa sempre più pressante. Nonostante i finanziamenti, i segni di difficoltà nella produzione sono evidenti e richiedono una risposta rapida e rigore nelle decisioni future.
Il processo dopo l’apertura delle buste
Una volta aperte le proposte, i Commissari si troveranno di fronte a un compito complesso: dovranno valutare la validità tecnica delle offerte ricevute. Questo processo implica non solo l’analisi dei dettagli presentati, ma anche la possibilità per i potenziali acquirenti di rivedere e migliorare le loro offerte iniziali. Sarà quindi possibile creare cordate fra i vari interessati, aumentando così le chance di un affare che convenga a tutte le parti coinvolte.
Dopo questa fase esplorativa, le migliori proposte verranno inviate al Ministero delle imprese e del Made in Italy. Qui, il governo avrà un ruolo cruciale nella valutazione, avvalendosi del golden power per mantenere sotto stretto controllo investimenti, occupazione e obiettivi di decarbonizzazione. Questi parametri sono considerati essenziali non solo per il rilancio produttivo, ma anche per il rispetto degli impegni ambientali, sentiti in modo crescente nella società odierna.
I potenziali acquirenti e le dinamiche di mercato
La lista dei potenziali acquirenti è stata al centro di numerose speculazioni nei mesi recenti. I nomi più frequentemente citati includono Vulcan Steel, Stelco e Metinvest, insieme a gruppi italiani come i Marcegaglia. Tuttavia, non tutti i candidati sembrano pronti a prendere in carico l’intero pacchetto dell’ex Ilva. Gli alleati sindacali hanno chiarito che, di fronte alla possibilità di una divisione dell’impresa, preferirebbero evitare una vendita spezzettata.
Inoltre, l’interesse degli ucraini dell’Azovstal per il rilancio di Piombino complica ulteriormente le cose, considerando che potrebbero dover affrontare una ricostruzione nel loro paese in seguito al conflitto. Anche voci circa il ritiro degli investitori americani dalla competizione suggeriscono un panorama in continuo movimento. Mentre gli azeri di Baku Steel e la società indiana Jindal rimangono tra i candidati attivi, la situazione è ancora tutta da chiarire.
Il futuro dei lavoratori e le sfide occupazionali
Nel frattempo, la situazione per i lavoratori degli stabilimenti rimane precaria. Con quasi 3.000 addetti in cassa integrazione – di cui oltre 2.000 solo a Taranto – gli effetti della crisi sono evidenti. Il provvedimento di cassa integrazione è stato prorogato fino alla fine del 2025, garantendo una protezione temporanea per i dipendenti in un momento di grande incertezza.
Le condizioni economiche attuali evidenziano un calo della produzione che ha toccato livelli critici. Si stima che la quota giornaliera si attesti intorno alle 9.000 tonnellate, con un calo totale di 2 milioni di tonnellate previsto a fine anno. Se da un lato si lavora per far ripartire gli altiforni, dall’altro il futuro non appare semplice. Recentemente, Acciaierie d’Italia e Ilva in As hanno siglato un memorandum d’intesa con Dri d’Italia per realizzare un impianto di riduzione diretta a Taranto, ma l’effettivo rilancio produttivo e la conseguente stabilizzazione occupazionale rimangono obiettivi non definitivi.
Ultimo aggiornamento il 10 Gennaio 2025 da Marco Mintillo