Il percorso durevole di Fabrizio Obbialero, chirurgo plastico di 48 anni originario di Torino, porta alla luce una realtà inquietante. Sopravvivere a una vita segnata da attacchi omofobi, violenze e tentativi di annientamento da parte di una figura paterna, non è solo un’esperienza personale, ma una questione cruciale relativa al riconoscimento del danno biologico causato da emarginazioni familiari. La recente condanna inflitta al padre di Fabrizio, per le sue azioni distruttive, rappresenta un passo importante; uno sguardo su come certi comportamenti non possano più essere tollerati.
La persecuzione omofoba da parte del padre
La persecuzione nella vita di Fabrizio ha avuto origine nel suo ambiente familiare. Cresciuto in Piemonte, il chirurgo ha subito le conseguenze dell’omofobia fin dall’adolescenza, quando ha rifiutato di conformarsi agli ideali tradizionali di mascolinità imposti dal padre. Le sue manifestazioni di non conformità erano per l’uomo considerate una colpa da cui liberarsi. “O sei un calciatore, o sei un fr…o”, dichiarava il padre, affermando così un’ideologia di odio. Queste parole avevano radici profonde e avrebbero poi dato vita a una sistematica campagna di abusi, sia verbali che fisici, contro il figlio.
Tutte le azioni intraprese dal padre, come gli insulti pubblici, sabotare il suo lavoro e le sue relazioni, culminarono in un episodio estremo: assoldare un sicario con l’intento di fargli del male. “Pedinalo, spezzagli le mani”, era l’ordine impartito, evidenziando il livello di violenza e di odio presente nella relazione padre-figlio.
La giustizia come intervallo necessario
Il percorso legale di Fabrizio ha avuto un’importante svolta il 22 marzo 2025, quando il giudice Marco Bottallo, presso il tribunale civile di Asti, ha riconosciuto il danno biologico subito dal chirurgo. La sentenza ha imposto un risarcimento di 17.000 euro al padre per le vessazioni subite, equamente motivato dalla guerra psicologica e fisica che Fabrizio ha dovuto affrontare per tutta la sua vita. La valutazione del 9% di invalidità ha offerto un riscontro tangibile ai traumi psicologici e alle conseguenze emotive di un’esistenza vissuta sotto l’oppressione del denigramento costante.
Il risarcimento, pur non risolvendo la sofferenza vissuta, rappresenta un segnale chiaro sulle dinamiche familiari abusive e il riconoscimento delle violenze subite in nome dell’odio omofobico. Non è solo una questione di denaro, è un’affermazione di dignità e un passo verso la giustizia.
Un amore incondizionato e la resilienza
Fabrizio, nonostante le difficoltà, ha trovato forza in relazioni significative, in particolare in quella con la madre, che ha compreso il suo coming out in un momento di vulnerabilità legato alla sua malattia. “Mi guardò e basta. Con gli occhi di una madre”, ricorda Fabrizio, sottolineando l’importanza di quella connessione. Tuttavia, la battaglia contro l’odio ha avuto un prezzo non indifferente, anche per lei, che ha visto la propria salute declinare nel contesto di un ambiente familiare tossico.
Il legame tra Fabrizio e la madre rappresenta un contrasto alla brutalità del padre; da una parte l’accettazione cieca dell’amore materno, dall’altra l’indifferenza e l’odio. Le gravi perdite emotive, combinati con le angherie subite, hanno portato a momenti di depressione e ansia significative, affrontate tramite sessioni di psicoterapia.
Il futuro di Fabrizio e la lotta continua
Oggi, Fabrizio Obbialero continua a dedicarsi alla sua professione. Le sue esperienze, per quanto dolorose, non hanno impedito la sua vita professionale o personale. Frequenta il suo studio in borgata Lesna a Grugliasco, dove offre cure, ma porta anche con sé il peso di un’eredità complessa. Sa bene che, mentre alcuni eventi hanno segnato il suo percorso, la resilienza gli consente di affrontare una vita nonostante tutte le minacce che ha subito.
Il compagno di Fabrizio, anch’esso vittima di violenze, non si arrende. Perché la battaglia contro l’odio e per il riconoscimento di diritti non è solo una questione personale. La sua storia ora rappresenta un avviso per tutti coloro che, in situazioni analoghe, potrebbero trovare la forza di lottare. E mentre la giustizia inizia a dare voce a queste esperienze dolorose, si spera che questo caso possa fungere da faro per altri, illuminando la strada verso l’accettazione e la comprensione.