La recente conferenza Cop16 a Roma ha di nuovo messo in evidenza le difficoltà nel gestire le questioni legate alla biodiversità, richiamando l’attenzione su come la sottrazione di risorse e la distruzione degli ecosistemi siano problematiche di primaria importanza. Gli impegni assunti, seppur ambiziosi, rispecchiano la frustrazione di un processo che fatica a tradursi in azioni concrete, sollevando dubbi sulla reale determinazione della comunità internazionale.
La cop16 e le promesse non mantenute
Al centro della conferenza Cop16 c’erano promesse di mobilitare 200 miliardi di dollari entro il 2030 per affrontare la crisi della biodiversità. Il denaro dovrebbe teoricamente finanziare misure atte a contenere l’erosione della vita sulla Terra. Tuttavia, le modalità di utilizzo di questi fondi rimangono oscure e ogni decisione significativa è stata rimandata al 2028. Questo solleva interrogativi sulla vera intensità degli impegni, dato che si allontana ulteriormente la scadenza del 2030. Anche l’impegno di ridurre i sussidi a favore di attività dannose per l’ambiente, per un importo di 500 miliardi di dollari all’anno, sembra più un buon proposito che una strategia ben definita.
In pratica, non è stata delineata una cornice di riferimento che vincoli gli Stati a realizzare queste promesse. Se da un lato si riconosce che i colpevoli principali della perdita di biodiversità sono le grandi corporation dei combustibili fossili e di altre attività industriali nocive, dall’altro si continua a sostenerle finanziariamente. Gli studi recenti mostrano che queste attività ricevono annualmente almeno 3-4 trilioni di dollari, un dato che mette in luce la distanza tra le dichiarazioni e le azioni.
Il cali fund e il fallimento delle azioni concrete
Un altro aspetto controverso della Cop16 riguarda il mancato impegno a creare il Cali Fund, concepito per garantire risorse finanziarie dalle aziende che sfruttano i dati genetici delle specie. L’idea iniziale prevedeva che il fondo comune avrebbe dovuto essere investito nella tutela della natura, destinando il 50% a popolazioni indigene e comunità locali. Tuttavia, anche in questo caso, resta assente un’implementazione concreta.
Il contesto generale presenta un quadro preoccupante. Molti sembrano ignorare l’importanza della biodiversità, convinti che perdere specie viventi non comporti gravi conseguenze. È fondamentale comprendere che un ambiente sano e vivo è cruciale per la nostra stessa esistenza. La diminuzione degli impollinatori, per esempio, potrebbe incidere negativamente sul nostro approvvigionamento alimentare e sulla salute generale degli ecosistemi di cui facciamo parte.
La crisi dell’estinzione e la consapevolezza collettiva
I tassi di estinzione sono aumentati a livelli allarmanti, superando quelli registrati nelle cinque grandi crisi di estinzione del passato. Le specie scomparendo oggi non hanno eguali nel recente passato, eppure c’è una scarsità di consapevolezza riguardo a questa realtà. Gli esseri umani tendono a credere che la propria sopravvivenza non dipenda da altre forme di vita. È cruciale cambiare questa narrativa; ogni specie ha un ruolo specifico, e la perdita di anche una sola di esse può avere effetti a catena catastrofici.
Le analogie con il mondo dell’aviazione, come la manutenzione e il rispetto per ogni singolo componente di un aereo, sono illuminanti. La biodiversità, mappata attraverso relazioni interspecifiche, funziona in modo simile: ogni specie è come un singolo pezzo fondamentale per il funzionamento dell’intero ecosistema. Ignorare la loro importanza è una strada pericolosa che potrebbe portare a un collasso totale.
Azioni per un futuro sostenibile
Esistono diverse vie per affrontare la crisi della biodiversità al di fuori delle conferenze internazionali. La natura ha bisogno di essere ripristinata e la Nature Restoration Law dell’Unione Europea rappresenta un passo necessario. Rinnovare l’impegno verso il Green Deal, schiacciato da discussioni sterili e dall’avidità, può rivelarsi fondamentale. È possibile recuperare la natura, servendoci non solo per il bene di altre specie, ma riconoscendo che un ambiente sano è cruciale per l’umanità stessa.
Per gli esseri umani, la consapevolezza di queste interrelazioni è a dir poco essenziale. Un buon punto di partenza è comprenderne l’importanza non solo per la salute degli ecosistemi, ma per la nostra sicurezza e prosperità futura. L’assenza di impegno evidente da parte delle istituzioni durante la Cop16 dimostra che la strada è ancora lunga ed è necessario un vero cambiamento di rotta per evitare conseguenze catastrofiche.