La storia di Fausto da Bobbio, protagonista del cortometraggio “Se posso permettermi II” di Marco Bellocchio, racconta il dramma di un uomo colto e in preda all’impotenza. In un contesto reale e vivido, il film esplora temi quali l’identità , la perdita e la ricerca di senso, mentre immerge lo spettatore nel piccolo comune di Bobbio, un luogo che da anni rappresenta un importante palcoscenico per il cinema italiano. Presentato quest’anno al Festival di Venezia 81 nella sezione Fuori Concorso, il cortometraggio mette in luce la genesi culturale di una località che si prepara a valorizzare il suo patrimonio attraverso il linguaggio cinematografico.
La vita di Fausto: all’insegna dell’immobilismo
Il contesto esistenziale
Fausto, interpretato da Fausto Russo Alesi, vive in un limbo esistenziale che lo tiene prigioniero tra il suo amore per la cultura e la realtà che lo circonda. Dopo la morte della madre, si ritrova solo in una casa che testimonia la sua nostalgia per un passato che non è più. Non avendo un lavoro né una pensione, la sua esistenza sembra legata a un apparente immobilismo. La sua giornata è costellata da incontri normali, come quello con il parroco del paese e il capitano dei carabinieri, i quali cercano di inserirlo nelle dinamiche sociali della comunità . Tuttavia, Fausto appare sempre più distante, come se ogni interazione fosse solo un promemoria della sua incapacità di agire.
La proposta di cambiamento
In un momento in cui il capitano dei carabinieri gli propone di sposare sua figlia, Fausto si trova a riflettere su percorsi di vita che ha evitato finora. La proposta rappresenta un’opportunità , ma al contempo lo costringe a confrontarsi con la sua condizione di “perdente”, un personaggio che ha dedicato la vita alla cultura e alla ricerca, ma che non ha saputo tradurre le sue passioni in azione concreta. Il film non si limita a ritrarre la sua vita, ma solleva interrogativi profondi circa il valore del sapere in una società che pare disinteressarsi di esso.
Bobbio: un microcosmo cinematografico
La storia cinematografica di Bobbio
Marco Bellocchio ha saputo rendere Bobbio il fulcro di molte delle sue opere, contribuendo a creare un’atmosfera che integra l’arte e l’arretratezza di un comune che si fa teatro di narrazioni nuove. Il regista ha iniziato il suo legame con questa località già nel 1979 con “Vacanze in Val Trebbia”, ma la sua scelta di tornare regolarmente è ispirata dalla possibilità di riempire con cultura uno spazio che, altrimenti, rimarrebbe vuoto. Bellocchio, vincitore del premio Bresson, ha trovato in questo continuità l’opportunità di far crescere il cinema, non solo come forma d’arte, ma come mezzo di connessione con le nuove generazioni.
Il progetto di alta formazione e il cinema d’autore
Il cortometraggio “Se posso permettermi II” è il risultato di un laboratorio di formazione cinematografica, il “Bottega XNL – Fare Cinema”. Qui, Bellocchio ha coinvolto giovani studenti, affiancandoli a professionisti del settore in un’esperienza mira a stimolare la creatività e l’impegno verso l’arte cinematografica. In questo scenario, anche se il territorio ha una vita “cinematografica” limitata, l’iniziativa di Bellocchio rappresenta una possibilità concreta di rinascita culturale, stimolando il dibattito e la collaborazione.
Il messaggio del film: un’analisi profonda
La figura di Fausto come simbolo di ricerca
Nel personaggio di Fausto, Bellocchio riesce a condensare valori umani e intellettuali che si riflettono nella sua volontà di non abbandonare il suo amore per la cultura e per gli autori del passato, come Pascoli, Leopardi e Dante. La sua figura diventa così portatrice di un messaggio profondo: la ricerca del sapere come atto di resistenza. Ricollegandosi ai temi della responsabilità sociale, Fausto avanza una richiesta quasi provocatoria: sostegno da parte dello Stato per il valore intrinseco della cultura, richiamando l’attenzione su un tema attualissimo.
Un progetto collettivo e performativo
La peculiarità di “Se posso permettermi II” sta proprio nell’esperienza collettiva nella sua realizzazione, in cui gli studenti si affiancano ai professionisti. Bellocchio evita di rinchiudere il processo creativo in una dimensione elitista, favorendo la creazione di un ambiente di lavoro scorrevole e collaborativo, che arricchisce entrambi i gruppi. Questo approccio è ben visibile nel cortometraggio, unito a una narrazione che spinge verso l’inclusione di nuove idee e prospettive sulle dinamiche sociali.
Le riprese e le proiezioni del lavoro di Bellocchio si confermano come momenti di grande impatto per Bobbio e il suo pubblico, delineando un percorso che unisce arte e cultura in un discorso reale e coinvolgente.