Il Festival Giornalisti del Mediterraneo, in corso a Otranto, si è fatto palco di riflessione e dibattito su tematiche di forte attualità, come la violenza di genere e l’importanza del perdono. La presenza dell’arcivescovo Francesco Neri ha illuminato la serata, proponendo una visione culturale e sociale che attinge da esempi storici e letterari. L’evento, che si conclude sabato 7 settembre, ha riunito diverse figure del panorama giornalistico e sociale per affrontare problematiche cruciali, tra cui le discriminazioni e l’impatto dell’intelligenza artificiale.
Il perdono come rifiuto della violenza
Nel corso del suo intervento, mons. Francesco Neri ha affermato con forza che “il perdono è il rifiuto della violenza”, un messaggio potente e chiaro che trova spazio in un contesto complesso come quello delle disuguaglianze di genere. Durante la giornata di venerdì 6 settembre, il palcoscenico del Festival ha ospitato un panel dedicato alle “Periferie”, raccordando le problematiche di violenza e disagio sociale a tematiche più ampie, come l’uso dell’intelligenza artificiale nel giornalismo.
Tra i riferimenti che l’arcivescovo ha voluto fare, il classico “I miserabili” di Victor Hugo ha retto un posto di rilievo. “Tutti i mali nascono dalla miseria e dall’ignoranza”, ha riportato Neri, un pensiero che riporta alla memoria la figura di don Pino Puglisi. Quest’ultimo, martire della lotta alla mafia, ha rappresentato un faro di speranza nella lotta contro la cultura dell’ingiustizia. L’arcivescovo ha descritto come don Puglisi abbia dedicato la sua vita a strappare i giovani dall’influenza della criminalità organizzata, enfatizzando l’importanza delle virtù civiche, come la cortesia e il rispetto, da lui identificate nelle famose parole di Papa Francesco: “permesso, grazie, scusi”.
Il potere del giornalismo
Un altro importante momento del Festival ha visto la partecipazione di relatori di spicco, tra cui l’inviata del Tg5 Gabriella Simoni, che ha presentato il suo podcast “Cocaina e Babà”. Simoni ha sottolineato come il suo lavoro non tende a giustificare le azioni dei protagonisti descritti, ma piuttosto a dar loro un significato e una comprensione. “La chiave è mettersi nei panni degli altri, comprendere che ognuno ha una storia da raccontare”, ha dichiarato, richiamando l’attenzione sull’importanza del racconto giornalistico, che deve sempre cercare di vedere oltre il pregiudizio.
In un mondo dove i confini tra il locale e il globale sono sempre più sfumati, il compito del giornalista diventa cruciale. La capacità di comprendere e dare voce a storie lontane migliaia di chilometri, come quelle vicine, è una sfida che richiede empatia e professionalità. Secondo Simoni, la narrazione deve restare umana, anche quando si affrontano tematiche delicate come la guerra o la criminalità, per non perdere mai di vista l’elemento centrale: la vita e le storie delle persone.
Discriminazioni di genere: una questione urgente
Il Festival si è focalizzato anche su un tema di grave attualità: le discriminazioni di genere, oggetto del primo panel della serata, moderato da Patrizio Nissirio dell’Ansa. Tra i relatori, la consigliera nazionale di parità Filomena D’Antini ha evidenziato l’importanza di contrastare le discriminazioni di genere nel mondo del lavoro. “I dati sono allarmanti, con un 13,5% di molestie sessuali che continua a crescere”, ha affermato, sottolineando l’urgenza di una cultura del rispetto. D’Antini ha inoltre sottolineato come l’adozione di politiche e normative più severe possa contribuire a migliorare la situazione.
A sottolineare l’importanza di politiche attive, Marilù Lucrezio, corrispondente della Rai da Bruxelles, ha informato che per la prima volta il Parlamento Europeo ha approvato una direttiva sulla lotta alla violenza contro le donne, riconoscendo diversi tipi di violenza, dalla domestica a quella informatica. L’approvazione di queste politiche è un passo avanti per il riconoscimento del problema e per le necessarie azioni dirette a sostegno delle vittime.
Una questione giuridica e culturale
La questione delle discriminazioni di genere è stata ulteriormente approfondita dal sostituto procuratore generale presso la Corte di Appello di Lecce, Salvatore Cosentino, che ha messo in luce come anche il diritto italiano abbia storicamente perpetuato forme di disuguaglianza. Fino al 1975, le norme civili attribuivano al marito il titolo di capofamiglia, e le donne subivano penalizzazioni in caso di adulterio. Cosentino ha sottolineato come anche nel campo penale le discriminazioni siano state evidenti, con la violenza sessuale, fino a poco tempo fa, considerata un delitto contro la moralità piuttosto che contro la persona.
Infine, la psicologa e psicoterapeuta Tiziana Micello ha affrontato le radici culturali della discriminazione di genere, affermando che sono ancora le differenze fisiche che influenzano la nostra società. La sua analisi ha toccato il cambiamento avvenuto durante la rivoluzione industriale, sottolineando come la crescente autonomia economica delle donne stia lentamente modificando le dinamiche sociali. Tuttavia, è evidente che il linguaggio e i comportamenti sociali risentono ancora di una cultura patriarcale, da cui è urgente emanciparsi.
Ultimo aggiornamento il 7 Settembre 2024 da Laura Rossi