La sedicesima edizione del Festival internazionale del cinema patologico si è tenuta a Roma, nella cornice storica di Palazzo Ripetta. Questa manifestazione si distingue per una giuria unica al mondo, composta esclusivamente da giovani con disabilità psichiche e fisiche. L’evento ha messo in luce opere cinematografiche che affrontano temi di inclusione, integrazione e riflessioni sociali, premiando film italiani e internazionali capaci di raccontare storie diverse.
Una giuria speciale e una cerimonia all’insegna della partecipazione
Il festival ha avuto come guida Dario D’Ambrosi, fondatore e direttore artistico, che ha presentato la serata accompagnato da Claudia Gerini, madrina d’eccezione. L’atmosfera è stata arricchita da momenti musicali con l’orchestra diretta dal maestro Gerardo Di Lella. A portare il loro sostegno, anche messaggi di saluto di personaggi noti del cinema italiano come Riccardo Scamarcio e Edoardo Leo. La presenza della compagnia stabile del Teatro Patologico, composta da attori disabili, ha dato un valore aggiunto alla manifestazione, sottolineando la centralità delle persone con disabilità nell’organizzazione e nel giudizio delle opere.
Un gruppo unico per la valutazione dei film
Questo particolare gruppo, già protagonista al Festival di Sanremo, ha svolto il ruolo di giurati, scegliendo vincitori con sensibilità legata alla loro esperienza. La giuria ha espresso valutazioni basate su una prospettiva autentica, capace di cogliere aspetti che spesso sfuggono a una normale selezione critica.
I film premiati tra cortometraggi e lungometraggi italiani e internazionali
Tra i premi più rilevanti, “Nonostante tutto” di Simone Guarany è stato riconosciuto come miglior cortometraggio. Una scelta che indica l’attenzione verso narrazioni intime e profonde, capaci di raccontare storie di difficoltà e speranza. Nel campo dei lungometraggi ha trionfato “Questi ragazzi” di Renato Chiocca, confermando la forza di film che mettono al centro la crescita e le sfide giovanili.
Apertura verso il cinema internazionale
La giuria ha riconosciuto anche la regia di “In the Beginning was the Word” di Guy Kuan, proveniente dalla Cina, evidenziando l’apertura internazionale del festival. Il premio della giuria è andato a “Albert Camus” di Giovanni Nodari, mentre i riconoscimenti ai migliori interpreti sono stati assegnati a Gianni D’Addario per “Lucciole” e Valentina Bruno per “Cara Giulia”.
Sono poi arrivati riconoscimenti per film sperimentali, come “Sundial” di Oli Maria Pina dalla USA, e per tematiche sociali delicate, come “Fuori c’è il sole” di Giulia Savi che ha ricevuto il premio intitolato ad Antonio Messia per temi giovanili di rilievo sociale. Il film di Giovanni Dinatale, “Sante o puttane”, si è aggiudicato il premio Tor Vergata per il trattamento di temi medico-scientifici.
Premi speciali per film sull’integrazione e attenzione del pubblico
Tra i riconoscimenti dedicati ai film che promuovono l’integrazione e la rappresentazione delle disabilità, spicca il premio patologico assegnato a “Silvia & Manuel” di Viviana Falco. Il pubblico ha avuto un ruolo decisivo, votando “Nonostante tutto” come miglior cortometraggio e “Davide e il mostro” di Francesco Squillace come lungometraggio preferito dai partecipanti.
Riconoscimenti istituzionali e sostegno locale
Il festival ha infine dato spazio a premi istituzionali come il premio Griffith, consegnato all’opera “Persona” di Mariasofia Bocci, supportato dall’Accademia di cinema e televisione, e il premio Palazzo Ripetta, conferito all’opera “A Man Happier than You” di Gianluca Vitarelli, con il sostegno dell’hotel di lusso che ospita la rassegna.
L’evento romano ha continuato così la sua tradizione di raccontare voci e storie spesso poco ascoltate, mantenendo salda l’attenzione su cinema e disabilità. Il valore dato all’inclusione si conferma nel modo in cui si scelgono le opere e nel coinvolgimento diretto dei protagonisti.