La città di Jesi, in provincia di Ancona, si mobilita per dire no alla violenza di genere con una fiaccolata prevista per lunedì 28 aprile alle 21. Oltre 30 associazioni locali invitano la comunità a partecipare a un momento di riflessione e solidarietà, senza l’uso di simboli o bandiere ma con candele accese e il suono delle chiavi in mano. L’evento partirà dall’Arco Clementino e terminerà in Piazza della Repubblica, con l’obiettivo di mantenere alta l’attenzione sul problema della violenza che colpisce donne e persone trans.
La fiaccolata e l’iniziativa delle associazioni a jesi
Quella organizzata a Jesi è una manifestazione silenziosa ma significativa per testimoniare il rifiuto della violenza di genere. Partecipanti sono invitati a portare con sé un mazzo di chiavi da far tintinnare durante il percorso della fiaccolata. Il rumore delle chiavi diventa così un segnale sonoro di presenza, un modo per interrompere il silenzio troppo spesso associato a queste tragedie. Il gesto semplice ma deciso si accompagna all’accensione di candele, simbolo di speranza e di luce in un tema così oscuro.
Le oltre 30 associazioni promotrici sottolineano l’importanza di fare “rumore”, per non lasciare cadere nel silenzio episodi che riguardano ancora troppi casi di violenza sulle donne. Il Comune di Jesi patrocina l’iniziativa, che si propone di unire idealmente la città dietro uno slogan chiaro: “una città unita per fare rumore e dire basta ai femminicidi”. L’idea è reagire insieme alla piaga sociale del femminicidio con determinazione e rispetto, creando un momento collettivo che metta sotto i riflettori un’emergenza fin troppo invisibile.
Lo sportello antiviolenza casa delle donne: numeri e testimonianze dal territorio
Dal 2007, lo sportello antiviolenza Casa delle donne di Jesi ha accolto oltre 600 vittime di violenza maschile. Questo spazio rappresenta un punto di riferimento fondamentale per donne e giovani donne in cerca di aiuto. La presenza dello sportello attesta la diffusione del problema e la necessità di luoghi protetti dove trovare ascolto, sostegno e informazioni per uscire da situazioni drammatiche.
Il numero di donne che si rivolgono allo sportello cresce nel tempo, segnalando un aumento sia della consapevolezza sia della richiesta di aiuto. Anche le segnalazioni da parte di terzi, come amici o familiari, sono in aumento. Questi dati indicano che la comunità sta imparando a riconoscere i segnali di violenza e vuole intervenire, rischiando meno isolamento delle vittime. Il lavoro del centro non si limita all’assistenza, ma vuole accompagnare chi chiede aiuto in un percorso verso la liberazione dalla paura e l’autodeterminazione.
Dati aggiornati sulla violenza di genere e femminicidi nel 2025
Secondo le cifre rese note dal Ministero dell’Interno, nei primi due mesi del 2025 sei donne sono state uccise per mano maschile, mentre altre cinque nei soli venticinque giorni dall’8 marzo al 2 aprile. Questi numeri presentano un quadro ancora grave e in continuo divenire. Le vittime della violenza non sono esclusivamente donne cisgender; l’osservatorio sulla violenza di genere segnala che anche persone trans sono colpite da queste forme di violenza. Il totale dei femminicidi, lesbicidi e transcidi registrati nel 2025 raggiunge 24 casi.
I dati confermano che il fenomeno non risparmia nessuno, colpendo in modo diffuso e trasversale differenti contesti sociali e geografici. La violenza di genere permane come una delle emergenze sociali più drammatiche, con un impatto profondo che si riflette sulla società nel suo complesso. L’impegno delle associazioni si concentra non solo sulla denuncia di questo fenomeno, ma anche sull’accompagnamento delle vittime e la prevenzione.
Le richieste delle associazioni ai governi locali e nazionali
Le 30 associazioni promotrici della fiaccolata chiedono azioni concrete da parte delle istituzioni locali e nazionali. Chiedono investimenti per ampliare le Case rifugio e i centri antiviolenza, per garantire spazi adeguati e sicuri. Considerano fondamentale la diffusione di sportelli specializzati come quello di Jesi e auspicano l’introduzione di corsi di educazione all’affettività in tutte le scuole.
Ribadiscono la necessità di un cambiamento culturale che parta dall’educazione delle nuove generazioni sulla parità di diritti e sul rispetto reciproco. Le associazioni sottolineano che le donne uccise non possono più considerarsi vittime anonime; ogni persona deve ricevere riconoscimento della propria dignità e diritto all’autodeterminazione. L’obiettivo è garantire una vita libera dalla paura, con sostegno reale e misure efficaci.
L’iniziativa di Jesi si inserisce in un quadro più ampio di contrasto alla violenza di genere che interessa tutta Italia. Le azioni sul territorio e le manifestazioni pubbliche come questa puntano a mantenere costante l’attenzione e a chiedere risposte efficaci da chi ha il compito di tutelare questi diritti. In mezzo a numeri che restano pesanti, la comunità si chiama a raccolta per non lasciare solo chi subisce violenza.