Furti nei cimiteri: condannato a due anni il collezionista di foto di donne defunte

Furti nei cimiteri: condannato a due anni il collezionista di foto di donne defunte

Un uomo di Roma condannato a due anni e quattro mesi per ricettazione di fotografie rubate a donne defunte, tra cui Elena Aubry, svela un inquietante fenomeno di attaccamento morboso.
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Furti nei cimiteri: condannato a due anni il collezionista di foto di donne defunte - Gaeta.it

Un caso inquietante è emerso a Roma, dove un uomo è stato condannato a due anni e quattro mesi di reclusione per la ricettazione di scatti rubati a donne decedute. La vicenda ha preso piede dopo il furto dell’urna contenente le ceneri di Elena Aubry, una giovane scomparsa prematuramente a causa di un incidente in moto. Le indagini hanno rivelato la portata impressionante della collezione di immagini, superando le 300.

La scoperta del furto e le indagini

La storia ha avuto inizio con la denuncia presentata dalla madre di Elena Aubry, a seguito della scomparsa dell’urna funeraria della figlia. Gli investigatori hanno immediatamente interpellato un individuo noto per i suoi ripetuti furti nei cimiteri della capitale. Durante l’operazione, hanno trovato in casa del cinquantenne un numero sorprendente di fotografie rubate, frutto di una vera e propria attività di collezionismo anomalo. Questo individuo, identificato come Marco Conocchia, ha rivelato di essere spinto da un impulso irrefrenabile a raccogliere immagini di giovani donne defunte.

Secondo quanto raccontato da Conocchia, la sua inquietante passione lo ha portato a frequentare il cimitero del Verano, ma anche altri luoghi di sepoltura in tutta Roma. Qui, era solito sottrarre fotografie dalle tombe, ritenute per lui oggetti di bellezza. In ogni caso di furto, annotava dettagli specifici su un taccuino, registrando giorno, ora e il nome della defunta per arricchire la sua collezione.

La condanna e il profilo psicologico

Il tribunale ha considerato Conocchia un individuo lucido e in grado di intendere e volere, pur riconoscendo la sua incapacità di controllare la perversione che lo guidava. La condanna di due anni e quattro mesi si è basata sulla grave condotta di ricettazione, che non è di certo un episodio isolato. Infatti, nel 2014 era già stato arrestato per reati simili, ma in modo limitato rispetto alla vastità della rete di furti di cui si rendeva protagonista.

La statura del caso non si limita agli oggetti rubati, poiché si svela un fenomeno inquietante riguardante il modo in cui alcuni individui possano sviluppare forme di attaccamento morboso a immagini di morti. Durante il processo, Conocchia ha descritto il suo comportamento come una vera e propria dipendenza, paragonando quelle immagini a una “droga”.

Le implicazioni legali e future

La prossima fase del caso coinvolgerà il furto di Elena Aubry, per il quale a maggio avrà inizio un nuovo processo. In questo caso, dovrà rispondere dell’accusa di violazione di sepolcro, vilipendio, sottrazione, distruzione e occultamento di cadavere. La gravità delle accuse fa presagire tensioni legali che potrebbero protrarsi nel tempo, ed è probabile che anche l’opinione pubblica segua con attenzione l’esito di questo procedimento.

In sintesi, l’episodio di Marco Conocchia è la cronaca di una perversione inquietante, che mette in luce non solo la violazione del sacro rispetto per i defunti, ma anche le complesse dinamiche psicologiche che possono accompagnare tale comportamento deviato. La vicenda di Elena Aubry rappresenta non solo un caso di furto, ma anche una ferita aperta nella comunità di coloro che hanno subito la perdita di un caro.

Ultimo aggiornamento il 28 Novembre 2024 da Armando Proietti

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