L’emergenza sanitaria legata al COVID-19 ha segnato profondamente l’umanità, con volti mascherati e città silenziose che rimangono impressi nella memoria collettiva. In “Non ce n’è Coviddi“, il giornalista Gianni Molinari offre un’analisi lucida e profonda di quei giorni drammatici, non solo come cronista di eventi, ma anche come testimone delle emozioni e delle transizioni che hanno interessato l’Italia.
La narrazione del periodo pandemico
Molinari, giornalista del quotidiano Il Mattino, ci riporta indietro nel tempo, raccontando i momenti cruciali della prima ondata del virus in Italia. Il suo approccio si distingue per la sobrietà e l’ironia. Non cerca il sensazionalismo, ma piuttosto di dare forma e significato a un periodo confuso che ha colto tutti di sorpresa. Le sue parole si muovono tra fatti cronachistici e osservazioni personali, tessendo un racconto che avvolge il lettore, invitandolo a riflettere su ciò che è avvenuto.
Il libro non si limita a narrare gli eventi: affronta le ripercussioni economiche, culturali e sociali della pandemia e il modo in cui hanno colpito la società. L’autore esplora le vulnerabilità emerse, mettendo a nudo le contraddizioni di un Paese che credeva di essere preparato a fronteggiare crisi di questa portata. La narrazione si arricchisce grazie alle vignette di Riccardo Marassi e alle fotografie dello stesso Molinari, che non solo completano il testo, ma catturano la complessità e la gravità di quel periodo.
Riflessioni su media e società
L’analisi di Molinari tocca anche il ruolo dei mezzi di comunicazione nell’affrontare l’emergenza. Egli critica l’inadeguatezza del sistema mediatico a raccontare un fenomeno così vasto, evidenziando come la narrazione sia stata spesso frammentaria. Questa incapacità di fornire una visione coerente ha contribuito a generare confusione e disagio tra la popolazione.
L’autore si sofferma anche sulle disuguaglianze già esistenti, che la pandemia ha reso ancora più evidenti. Temi come le disparità nel sistema scolastico, la precarietà delle diverse categorie lavorative e le sfide del digitale diventano centrali nel racconto di Molinari. L’analisi mette in luce la necessità di una riflessione profonda su come gli eventi globali possano influenzare e plasmare le nostre vite quotidiane.
Domande e prospettive per il futuro
Un elemento ricorrente nel libro è la questione di cosa resti di quei giorni drammatici. Molinari non offre risposte facili; invece, costruisce un percorso di riflessione che collega il locale al globale, fornendo strumenti per meglio comprendere il presente. Propone l’idea che la crisi sanitaria abbia accelerato tendenze già in atto, come il cambiamento nei modelli lavorativi e le sfide legate alla globalizzazione.
Il volume si conclude con una riflessione sul compito di ciascuno di noi. “Non ce n’è Coviddi” si presenta come un esercizio di responsabilità civile, un appello a non dimenticare il passato, ma a usarlo come chiave di lettura per il futuro. Una lettura necessaria, che fa i conti con le nostre fragilità e con la resilienza dimostrata durante quei mesi. Il testo di Molinari non si limita a raccontare la pandemia, ma invita il lettore a guardarsi dentro e a riconoscere la propria parte in questo dramma collettivo.