Giovanni Castellucci condannato a sei anni per la strage del viadotto Acqualonga: dettagli e reazioni

Giovanni Castellucci condannato a sei anni per la strage del viadotto Acqualonga: dettagli e reazioni

Giovanni Castellucci, ex AD di Autostrade per l’Italia, condannato a sei anni per la tragedia del viadotto Acqualonga nel 2013, in cui morirono 40 persone. I legali annunciano ricorso.
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Giovanni Castellucci condannato a sei anni per la strage del viadotto Acqualonga: dettagli e reazioni - Gaeta.it

Giovanni Castellucci, l’ex amministratore delegato di Autostrade per l’Italia, è stato condannato a sei anni di carcere. La sentenza arriva in seguito alla sua responsabilità nella tragedia del 28 luglio 2013, quando un autobus precipitò dal viadotto Acqualonga, ad Avellino, portando alla morte di 40 persone. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna dopo un’ora di discussione, ma i legali di Castellucci non ci stanno: hanno già annunciato l’intenzione di impugnare la sentenza, definendola “incomprensibile”.

Le motivazioni della condanna di Castellucci

I giudici hanno respinto le richieste della Procura generale, che chiedeva una rivalutazione della condanna per omicidio colposo, assolvendo Castellucci per il disastro colposo. La corte ha messo in evidenza come la gestione di Castellucci abbia contribuito a creare un ambiente pericoloso, sottolineando la sua responsabilità nella mancanza di sicurezza del viadotto e delle condizioni di viabilità. I legali di Castellucci, dal canto loro, sostengono che il loro assistito fosse estraneo ai fatti e che abbia sempre svolto i suoi doveri con la massima diligenza.

Ma non è solo Castellucci a dover affrontare le conseguenze legali. Anche altri ex dirigenti e dipendenti di Aspi hanno ricevuto pene significative. Il direttore generale dell’epoca, Riccardo Mollo, è stato condannato a sei anni, mentre Massimo Giulio Fornaci e Marco Perna, entrambi ex dirigenti, hanno ricevuto pene simili. Nicola Spadavecchia e Paolo Berti, invece, sono stati condannati a cinque anni. Le sanzioni variano, riflettendo le diverse responsabilità di ciascun imputato.

L’incidente del 28 luglio 2013: cronaca di una tragedia

Ripercorrendo la cronaca di quel tragico giorno, ci troviamo di fronte a un dramma che ha segnato profondamente le vite di molte famiglie. Era una domenica d’estate, intorno alle 20.30, e un gruppo di famiglie stava tornando a Pozzuoli dopo una gita nei luoghi di Padre Pio. L’autobus, guidato da Ciro Lametta, ha perso il controllo a causa del distacco del giunto cardanico, un componente cruciale per il funzionamento dei freni. Da quel momento, il mezzo ha iniziato una corsa incontrollata per diversi chilometri.

Durante la discesa dell’A16 Napoli-Canosa, l’autista ha tentato di frenare, ma ha urtato diverse auto e ha colpito le barriere del viadotto, che, purtroppo, non erano adeguatamente collaudate. L’autobus, già con oltre un milione di chilometri percorsi, è precipitato da un’altezza di 40 metri. L’impatto è stato devastante: 38 passeggeri sono morti sul colpo, mentre altri due hanno perso la vita nei giorni successivi. Solo dieci persone sono riuscite a sopravvivere a questa tragedia, un evento che ha lasciato cicatrici indelebili nelle famiglie coinvolte.

Le responsabilità e le conseguenze legali

Dopo l’incidente, è scattata un’indagine che ha portato all’imputazione di 15 persone, di cui 12 erano dirigenti o ex dirigenti di Aspi. Le accuse spaziavano dall’omicidio colposo al disastro colposo, fino alla violazione delle normative di sicurezza stradale. I pubblici ministeri hanno messo in luce come la mancanza di controlli e la cattiva manutenzione delle infrastrutture abbiano avuto un ruolo cruciale nella tragedia.

Particolarmente allarmante è emerso che le barriere del viadotto erano in cattive condizioni da anni, un chiaro segnale di incuria da parte di chi era responsabile della sicurezza. Inoltre, il bus coinvolto aveva un certificato di revisione falso, rivelando gravi lacune nelle procedure di controllo.

Questo drammatico evento ha spinto le autorità a rivedere e rafforzare le normative sulla sicurezza stradale, con l’obiettivo di evitare che simili tragedie possano ripetersi in futuro. Un monito, insomma, per la sicurezza collettiva, che non può essere ignorato.

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