Il crollo del ponte Morandi è una tragedia che ha segnato profondamente la città di Genova, portando con sé un pesante carico di dolore e responsabilità. Durante il processo, Giovanni Castellucci, ex amministratore delegato di Autostrade per l’Italia, ha espresso la sua visione riguardo alla catastrofe che ha visto la perdita di numerose vite. Le sue dichiarazioni scottanti rivelano la complessità delle emozioni e delle responsabilità che gravitano attorno a questo evento drammatico.
La responsabilità nella gestione del ponte
All’inizio della sua deposizione, Castellucci ha sottolineato il suo senso di responsabilità nella gestione del ponte Morandi. La sua affermazione su “non sentirsi colpevole” è un punto cruciale. Afferma di sentirsi responsabile nella sua posizione, considerando il ruolo di custode di una infrastruttura essenziale, che è parte integrante della vita dei cittadini. La sua testimonianza mette in evidenza il dilemma morale di chi guida una grande azienda e la pressione di dover garantire la sicurezza delle strutture. Ha citato che la consapevolezza di questa responsabilità rimane con lui, nonostante la distanza temporale dall’accaduto.
Tale dichiarazione invita a riflettere su come le figure professionali coinvolte nella gestione delle opere pubbliche affrontano il peso delle loro decisioni. Ogni scelta può avere conseguenze drammatiche e Castellucci, in questa deposizione, non si sottrae a questo peso, dimostrando una cognizione profonda della gravità della situazione. Le sue parole, d’altronde, pongono l’attenzione sull’importanza dell’accountability nel settore delle infrastrutture.
Un dolore che trascende i confini locali
Castellucci ha descritto il crollo del ponte Morandi come un evento che ha colpito non solo Genova, ma l’intera Italia. Con un tono di empatia, ha dichiarato di sentire il dolore delle famiglie delle vittime, riconoscendo l’assurdità di una tragedia avvenuta in una mattina di agosto, un momento di afa estiva. Il richiamo alla comunità è cruciale: la perdita di vite umane tocca ogni angolo del paese, e Castellucci enfatizza come il senso della comunità diventi un elemento simbolico di fronte a una tragedia così immensa.
Le sue parole rafforzano l’idea che eventi come il crollo di un ponte non riguardano solo coloro che vivono vicino al sito, ma creano un senso di unione tra le persone, le quali si vedono chiamate a condividere una sofferenza comune. Castellucci ricorda che la risposta a tali tragedie deve essere collettiva, uniti nel supporto ai più colpiti.
Il peso della crisi e l’impegno nell’emergenza
Castellucci, durante la sua deposizione, non ha risparmiato dettagli sul suo impegno nei momenti successivi al crollo. Racconta di essere stato tra i primi a giungere sul luogo della tragedia, pronto ad assistere ai comitati di crisi e ad attivarsi per facilitare i soccorsi. Ha espresso la sua ammirazione per il lavoro degli operatori che hanno affrontato l’emergenza, cercando di salvare vite e portare sollievo ai feriti e alle famiglie colpite, richiamando l’attenzione sulla frustrazione di sentirsi impotente davanti a una crisi così devastante.
Il suo impegno si è tradotto in azioni concrete, come il supporto per l’apertura della “strada del Papa”, via fondamentale per alleggerire la situazione di emergenza. Questo suggerisce come, nella frenesia delle crisi, ogni azione, sia essa piccola o grande, può avere un impatto sul benessere delle persone. Castellucci ha cercato di fare la sua parte in un contesto in cui la vita umana e il supporto alla comunità sono stati messi in discussione.
Nel suo racconto, la figura di Castellucci emerge come quella di un leader consapevole, che, pur portando il peso delle responsabilità manageriali, riconosce la forza e l’importanza dell’umanità nelle situazioni di emergenza. La sua deposizione si configura, quindi, come un momento di riflessione profonda su una tragedia che ha segnato la storia recente del nostro paese e sull’importanza di una risposta collettiva in momenti di grande difficoltà.