Il presidente e amministratore delegato dell’Inter, Giuseppe Marotta, ha rilasciato dichiarazioni importanti riguardo all’inchiesta della magistratura milanese che investiga i comportamenti violenti all’interno delle curve calcistiche. Durante un’intervista con Sky Sport, Marotta ha affrontato la questione con sincerità, sottolineando l’impegno del club nella lotta contro questo fenomeno che si distacca dall’essenza sportiva. Le sue parole pongono in risalto la necessità di una vera e propria rivoluzione culturale per affrontare la violenza nel calcio.
L’impegno dell’Inter nella lotta alla violenza
Marotta ha iniziato il suo intervento esprimendo gratitudine nei confronti delle forze dell’ordine e della magistratura per il loro lavoro nell’inchiesta in corso. Ha chiarito che l’Inter si sta adoperando per collaborare in modo attivo con le autorità, mirando a debellare comportamenti violenti che non appartengono alla natura dello sport. La frase “sono attività criminali che non c’entrano niente con lo sport” racchiude un forte messaggio di disapprovazione verso ciò che sta accadendo nelle curve.
L’executive ha ricordato come in passato ci fosse una forma di violenza legata al calcio, ma ha ribadito che la situazione attuale è molto più complessa. L’appello all’unità e alla cooperazione tra le istituzioni sportive, giudiziarie e sociali è necessario per trovare una soluzione sostenibile a questo problema. Secondo Marotta, le attività violente devono essere stigmatizzate e isolate, per proteggere l’immagine e la pratica del calcio come sport.
Una cultura da costruire fin dall’infanzia
In un momento di critica aperta, Marotta ha anche affrontato il tema della cultura sportiva tra i giovani, suggerendo che occorre iniziare a educare sin dalle scuole elementari. La sua osservazione riguardo alla carenza di una “cultura della sconfitta” è emblematica: “Bisogna saper perdere”, ha affermato. Questa istanza educativo-educativa è fondamentale per formare una nuova generazione di appassionati e giocatori che comprendano il vero significato del gioco, al di là della vittoria o della sconfitta.
Per Marotta, la vera sfida è educare i giovani e i tifosi a vedere il calcio come un’attività ludica, piuttosto che un campo di battaglia. La presenza di giudici e la ricerca di colpevoli da punire alla fine di ogni partita non figura nel suo approccio, ed è evidente che la soluzione non risiede solo nei provvedimenti legali, ma in una trasformazione culturale profonda.
Maggiore consapevolezza nel rapporto tra calciatori e ultras
Marotta ha risposto anche alla domanda se fosse possibile prevenire contatti eccessivi tra i calciatori e gli ultras. La sua risposta è stata chiara: “Si può e si deve fare molto di più”. Pur riconoscendo i progressi fatti all’interno del sistema calcistico nella creazione di maggiore trasparenza, ha sottolineato che le società devono prendersi la responsabilità di educare i calciatori rispetto alle leggi e delle dinamiche sociali.
L’Inter ha iniziato a condurre lezioni per spiegare ai giocatori l’importanza della legalità e dei comportamenti appropriati, ma “il mondo del calcio è spesso circondato da una certa ombra che rende difficile penetrare nella sfera personale dei calciatori”. Con una maggiore educazione e consapevolezza, si spera di ridurre l’influenza di fattori esterni e violenti, proteggendo così il mondo sportivo.
La posizione di Marotta parla chiaro: la lotta contro la violenza nel calcio è un impegno collettivo che richiede tanto dai club quanto dalle istituzioni e dai tifosi stessi. La speranza è che le sue parole possano innescare un dialogo costruttivo e attivare un cambiamento significativo, in grado di restituire al calcio il suo valore fondamentale di sport e aggregazione.
Ultimo aggiornamento il 25 Dicembre 2024 da Armando Proietti