Gli obiettivi contraddittori della politica commerciale statunitense sotto Trump

Gli obiettivi contraddittori della politica commerciale statunitense sotto Trump

L’articolo analizza la politica commerciale degli Stati Uniti, evidenziando gli obiettivi di revenue, restriction e reciprocity, e le contraddizioni delle strategie di Donald Trump rispetto alla storia economica del Paese.
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Gli obiettivi contraddittori della politica commerciale statunitense sotto Trump - Gaeta.it

La politica commerciale degli Stati Uniti ha storicamente puntato a tre principali obiettivi, definiti come revenue, restriction e reciprocity. Durante la sua presidenza, Donald Trump ha cercato di implementare simultaneamente queste strategie, ma si sono rivelate incompatibili. Questo articolo analizza i fondamenti di queste tre R e il loro impatto sulla politica commerciale americana.

La storia della politica commerciale americana

Sin dall’epoca pre-guerrafondaia, la politica commerciale degli Stati Uniti si è focalizzata su tre linee guida principali. L’economista Douglas Irwin, nel suo libro “Clashing over Commerce”, offre una vista d’insieme sulla storia della politica commerciale statunitense, suddividendola in tre ere, ciascuna dominata da uno degli obiettivi: revenue, restriction e reciprocity. Questi tre approcci hanno caratterizzato le scelte di governo in momenti critici della storia del Paese.

Durante il periodo 1837-1860, la politica commerciale non aveva una connotazione protezionistica. Le tasse sulle importazioni erano principalmente destinate a finanziare l’attività del governo federale. Nell’era successiva, che va dal 1861 al 1933, vi è stata una forte spinta verso misure protezionistiche, in particolare da parte dei Repubblicani del nord. Durante questo periodo, i dazi sono aumentati significativamente per proteggere l’industria interna dalla concorrenza straniera. Tuttavia, dopo il crollo del mercato del 1929 e il disastroso Smoot-Hawley Tariff Act, la narrativa è cambiata nuovamente. A partire dal 1933, il ritorno dei Democratici ha segnato un passaggio verso l’apertura al commercio internazionale e la cooperazione sui dazi, sulla base della reciprocità.

Le transizioni principali nella politica commerciale americana hanno, quindi, sempre rispecchiato eventi storici di grande impatto, come la Guerra Civile e la Grande Depressione. L’epoca Trump rappresenta un’inversione in questo modello consolidato, dove invece è prevalso un approccio unilaterale con la rimozione di esenzioni per paesi selecti.

Gli obiettivi di Trump e le loro contraddizioni

Donald Trump ha cercato di attuare un mix di tutte e tre le R, un’impresa che solleva interrogativi su come esse possano coesistere. Da una parte, il presidente ha enfatizzato il ruolo dei dazi nella generazione di entrate fiscali, proponendo l’idea che tali spese ricadono principalmente sui produttori stranieri. Nella pratica, però, la realtà è che queste spese vengono in gran parte trasferite ai consumatori americani attraverso l’aumento dei prezzi.

D’altra parte, Trump ha mirato a proteggere l’industria domestica, evidenziando come i dazi possano contribuire a riallargare l’occupazione nel settore manifatturiero. Tuttavia, studi di settore suggeriscono che i risultati di tale politica non siano stati favorevoli, con una diminuzione di posti di lavoro e una stagnazione delle salari.

Infine, Trump ha definito i suoi dazi come “reciprocal tariffs”, cercando di garantire che gli Stati Uniti ottenessero concessioni simili da altre nazioni. Questa strategia è sembrata risuonare con le politiche del presidente McKinley, che inizialmente sostenne il protezionismo ma in seguito optò per una riduzione dei dazi attraverso accordi commerciali.

L’impatto sul futuro della politica commerciale statunitense

Un elemento critico nell’analisi della politica commerciale di Trump è la difficoltà nell’accomunare i suoi obiettivi. Irwin ha chiarito che, se l’obiettivo è restringere le importazioni per tutelare l’industria interna, non è possibile utilizzare il sistema dei dazi come strumento negoziale per ricevere reciprocità dagli altri paesi. E rapportando i dazi al gettito fiscale, si finisce per ridurre la protezione delle aziende domestiche, dato che le entrate derivano dall’importazione di beni.

Il contesto economico attuale e le scelte politiche di Biden, successore di Trump, evidenziano ulteriormente questa incoerenza. La sfida per l’attuale amministrazione sarà quindi quella di trovare un equilibrio tra protezione, entrate e venerabilità nei confronti degli altri attori globali. La direzione della politica commerciale statunitense continua a sollevare interrogativi rilevanti, domandando quali strategie possa perseguire l’amministrazione nel tentativo di armonizzarle, mentre il futuro del commercio internazionale rimane incerto.

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