La crisi climatica ha raggiunto nuove soglie critiche nel 2024, con un aumento delle temperature superiori a 1,5 gradi rispetto all’era preindustriale. Greenpeace invita a cambiare abitudini per contenere gli effetti devastanti sull’ambiente, suggerendo azioni pratiche per ogni persona e sottolineando l’importanza di sostenere con il 5×1000 la propria attività. La pressione degli interessi delle grandi aziende petrolifere aggiunge nuovi ostacoli alla difesa dell’ambiente, ma la mobilitazione pubblica resta fondamentale per difendere foreste, mari e biodiversità.
Il decalogo di greenpeace per abbandonare pratiche dannose e adottare stili di vita più sostenibili
Greenpeace ha diffuso un decalogo che invita a modificare scelte quotidiane per rallentare il riscaldamento globale e preservare il pianeta. Tra i punti principali c’è la riduzione nel consumo di carne e prodotti animali, con l’obiettivo di diminuire gli allevamenti intensivi, responsabili di grandi emissioni di gas serra e di un massiccio utilizzo di terreni agricoli per produzione di mangimi. Il decalogo suggerisce anche di preferire trasporti a basso impatto ambientale e di eliminare i prodotti in plastica monouso, favorendo soluzioni riutilizzabili. Ogni singolo comportamento è chiamato a fare la differenza prima che diventi troppo tardi.
Dati recenti sulle foreste e inquinamento atmosferico
Dati recenti certificano che ogni due secondi nel mondo scompare una superficie di foresta grande quanto un campo di calcio. La deforestazione accelera la perdita di habitat e riduce la capacità della Terra di assorbire l’anidride carbonica prodotta dalle attività umane. Inoltre, ogni anno oltre 45 mila persone perdono la vita prematuramente per le sostanze inquinanti presenti nell’aria, tra cui le polveri sottili . Greenpeace ricorda che sostenere l’ambiente è possibile anche con un gesto semplice: donare il 5×1000 firmando nella dichiarazione dei redditi e indicando il codice fiscale 97046630584.
La battaglia legale tra greenpeace e la compagnia petrolifera energy transfer negli stati uniti
Nel 2025 Greenpeace affronta sfide legali importanti. La compagnia petrolifera americana Energy Transfer ha intentato una causa contro Greenpeace negli Stati Uniti e Greenpeace International, chiedendo danni per 300 milioni di dollari. Recentemente una giuria in North Dakota ha deciso contro l’organizzazione ambientalista, con una condanna che potrebbe portare ad un risarcimento superiore ai 660 milioni di dollari se confermata. L’azione legale è collegata alle campagne di Greenpeace contro attività inquinanti e dannose per il clima portate avanti negli ultimi anni.
Energy transfer e la disinformazione climatica
Energy Transfer è nota per aver appoggiato campagne politiche negazioniste della crisi climatica, come quella dell’ex presidente Donald Trump. Greenpeace sottolinea che in un periodo in cui alcuni governi internazionali alimentano la disinformazione sui cambiamenti climatici, il sostegno pubblico diviene ancora più cruciale. Il direttore esecutivo Giuseppe Onufrio invita a dimostrare con la firma del 5×1000 che non si resta immobili di fronte alla crisi ambientale, ma si partecipa attivamente alla difesa del pianeta.
La tutela delle foreste, dei mari e della biodiversità come pilastri della lotta climatica
Secondo la Fao tra il 1990 e il 2020 sono andati distrutti 420 milioni di ettari di foreste in tutto il mondo, un’area più vasta dell’intera Unione Europea. L’80% di questa distruzione è dovuta allo sfruttamento del suolo per pascolo e produzione di mangimi come la soia destinata agli allevamenti intensivi. Le foreste catturano ogni anno circa 2,6 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, contribuendo in modo decisivo a limitare le emissioni derivanti dai combustibili fossili.
Greenpeace mantiene attive le proprie sedi in oltre 50 Paesi, con particolare attenzione all’America Latina e alla foresta Amazzonica, dove documenta sfruttamento illegale, disboscamento e violenza contro i popoli indigeni. Sul fronte marino, l’organizzazione spinge per proteggere almeno il 30% delle acque entro il 2030. L’obiettivo riguarda in particolare quattro aree del Mar Mediterraneo ritenute prioritarie dalla Convenzione sulla Biodiversità, ma in Italia meno dell’1% dei mari gode di tutela efficace.
Gli attacchi alla biodiversità coinvolgono anche gli impollinatori: api, farfalle e altri insetti garantiscono l’impollinazione di un terzo delle colture alimentari. Senza di loro, molte varietà vegetali, tra cui mele, fragole e mandorle, si ridurrebbero drasticamente. Greenpeace si oppone all’uso di pesticidi chimici tossici per queste specie fondamentali, promuovendo un’alimentazione più sana e rispettosa dell’ambiente.
Emergenze climatiche e la necessità di puntare a emissioni zero entro il 2050
Nel 2024 è stato registrato un aumento della temperatura terrestre rispetto all’epoca preindustriale superiore ai 1,5°C, soglia considerata critica dagli accordi di Parigi per prevenire eventi meteorologici estremi. Il superamento ripetuto di questo limite comporterebbe un aumento di fenomeni quali inondazioni, incendi boschivi, siccità e tempeste con effetti devastanti sulle popolazioni e gli ecosistemi.
La neutralità climatica richiede la riduzione drastica di emissioni di gas serra fino a raggiungere valori prossimi allo zero entro il 2050. Attualmente, le attività umane minacciano un milione di specie di estinzione a causa delle alterazioni degli habitat e del clima. La pressione su industrie fossili e governi è indispensabile per accelerare la conversione verso fonti di energia rinnovabili e per far rispettare gli impegni internazionali.
La proposta di legge per fermare gli allevamenti intensivi e limitare le emissioni agricole
La produzione e il consumo di carne e derivati animali sono sotto esame per la quantità di risorse e gas serra che impiegano. Secondo Greenpeace, entro il 2050 il volume di prodotti di origine animale andrebbe dimezzato per rispettare gli obiettivi climatici. Oggi il 70% delle terre agricole è coperto da coltivazioni per mangimi destinati al bestiame, e il 60% dei cereali commerciati in Europa finisce in allevamenti intensivi.
Queste strutture generano la maggior parte delle emissioni di metano e ammoniaca dovute all’agricoltura industriale, contribuendo significativamente al riscaldamento globale e danneggiando la qualità dell’aria. Greenpeace propone una legge italiana per bloccare la costruzione di nuovi allevamenti intensivi e avviare la trasformazione di quelli esistenti verso pratiche più sostenibili. Questo approccio punta anche a ridurre il consumo idrico e a limitare la sofferenza degli animali, danneggiati da condizioni di sovraffollamento e maltrattamenti.
L’organizzazione continua a richiamare l’attenzione sull’importanza di un impegno collettivo, anche attraverso la donazione del 5×1000, per sostenere battaglie ambientali che riguardano la principale sfida del nostro tempo: la salvaguardia del pianeta e della vita su di esso.