Havoc: il nuovo film d’azione di gareth evans su netflix tra pioggia di proiettili e caos urbano

Havoc: il nuovo film d’azione di gareth evans su netflix tra pioggia di proiettili e caos urbano

Gareth Evans torna al cinema d’azione con Havoc su Netflix, un film violento e ricco di sparatorie che mescola ritmo televisivo e caos urbano, raccontando la lotta di un detective tra bande e potere.
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Gareth Evans torna al cinema d’azione con *Havoc*, disponibile su Netflix dal 25 aprile, un film caratterizzato da un ritmo serrato, numerose sparatorie e una trama minimalista che esplora il caos urbano attraverso lo scontro tra bande e il tormentato detective protagonista. - Gaeta.it

Dopo quasi un decennio fuori dai riflettori del grande cinema d’azione, gareth evans torna con Havoc, un film disponibile su netflix dal 25 aprile. Il regista, celebre per aver rivoluzionato il cinema marziale occidentale con The Raid e il suo sequel, questa volta dirige una storia dura e violenta che punta tutto su una quantità impressionante di sparatorie e scene rocambolesche. L’occasione serviva per ristabilire la sua impronta nel genere, ma in modo diverso rispetto al passato, con un personaggio centrale tormentato e una trama più essenziale, tutta giocata sul conflitto tra bande e potere.

Gareth evans e il cambiamento nel cinema d’azione occidentale

Nel 2011 gareth evans ha rivoluzionato il panorama delle arti marziali al cinema con The Raid: Redenzione, film che univa la straordinaria atletica degli interpreti asiatici a una regia vigorosa, capace di catturare l’azione in modo partecipato e realistico. Quel film ha imposto un nuovo standard e generato attese altissime attorno al suo seguito, The Raid 2: Berandal, uscito nel 2014. Dopo quella prova, evans ha scelto di staccare dal grande schermo per dirigere Apostolo, un film senza sequenze d’azione e un impegno sulla regia di episodi di Gangs of London, serie televisiva d’azione molto seguita.

Una nuova prova per evans dopo quasi dieci anni

Havoc si segnala per essere il primo film d’azione diretto dal regista dopo quasi dieci anni, tornato al suo stile violento, ma con uno sguardo diverso, frutto dell’esperienza anche nel piccolo schermo. La sfida era alta perché ogni suo film viene caricato da aspettative importanti, di rinnovare l’energia e la potenza visiva che avevano reso celebre The Raid. La quantità di sparatorie in Havoc vale da sola come indicatore della direzione presa dal film: più di tutto, conta il lato spettacolare e caotico delle scene di conflitto.

La trama minimalista dietro il caos di havoc

La storia di Havoc si apre sul personaggio di un detective della polizia, presentato come un uomo logorato, con un passato oscuro che lo rende facile bersaglio di ricatti. Questo profilo è nella tradizione dei polizieschi americani, dove spesso i protagonisti sono falcidiati da problemi personali ma restano agguerriti rispetto ai loro obiettivi. Nel film, il detective è ricattato da un politico potente, impegnato in una campagna elettorale per diventare sindaco. Questa figura esercita il suo potere nel momento in cui il figlio viene coinvolto in uno scontro tra bande per una partita di droga finita male.

Indagine e caos urbano

Il cuore della trama si restringe all’indagine e alla ricerca di un ragazzo da parte del protagonista, ma non è tanto questo a muovere la narrazione. Il film insiste piuttosto sul disordine che emerge da questa caccia: sparatorie frequenti, scontri bruschi, fughe e azioni rapide. Evans sembra voler mettere in secondo piano la coerenza narrativa per lasciare spazio al disastro in evocazione visiva, mantenendo una storia lineare quanto basta, ma che serve soprattutto da pretesto per introdurre una lunga serie di momenti ad alto tasso di tensione.

Record di sparatorie e omaggio ai classici del genere

Havoc nasce con una precisa intenzione: superare il numero di colpi sparati in un film occidentale, incalzando pellicole note come Costretti a uccidere di Antoine Fuqua del 1998, e Free Fire del 2016. Mentre Costretti a uccidere ha stabilito un record per le scene di combattimento a fuoco, Free Fire si concentra tutta in una lunga sparatoria che non rallenta mai. Evans ha deciso di puntare tutto su questo elemento, lasciando che lo sparo e il movimento delle munizioni siano il tratto identificativo della pellicola, un elemento che contribuisce al senso di devastazione e caos.

Ritmo e tensione nella città infiammata

La prima parte del film è lenta nel presentare il protagonista e le motivazioni dietro la sua azione, ma appena si entra nella fase centrale, la violenza esplode in maniera incessante. La città diventa teatro di un conflitto pericoloso, le vie si trasformano in campo di battaglia. Il ritmo incalza con sequenze serrate, dove la regia cattura ogni momento senza rallentare, donando al film un’atmosfera tesa e a tratti soffocante. L’idea guida rimane quella di mostrare quanto si possa spingere il limite della quantità e dell’intensità delle sparatorie in un contesto narrativo funzionale ma sottile.

Il ruolo della violenza e il personaggio del detective

Il detective consumato dal passato racconta un cliché già visto in numerosi noir americani, ma in Havoc prendere questa figura come fulcro è funzionale a un racconto dal ritmo frenetico, quasi asettico rispetto ai dettagli psicologici. L’uomo si muove in un ambiente ostile, con pochi punti fermi, eppure è quello che sembra il solo a poter mettere ordine nella confusione che risulta dalla guerra tra bande.

La violenza come esperienza sensoriale

La sua ricerca e la capacità di reagire alla pressione politica e criminale sono elementi costanti ma non sviluppati con eccessiva profondità. Questa essenzialità aiuta a non distrarre dal nucleo visivo del film, quasi un lungo inseguimento senza tregua con continue esplosioni di violenza. Qui la violenza non vuole giustificazioni: diventa elemento di attrazione e persino di esperienza quasi sensoriale, che sale di intensità nel corso della pellicola senza pause.

Havoc tra cinema e televisione: un equilibrio tra ritmo e azione

Dopo aver lavorato per anni nel mondo seriale come regista di Gangs of London, gareth evans sembra aver portato qualcosa del ritmo televisivo in Havoc, pur restando sul grande schermo. Le sequenze d’azione non si limitano ad un’esibizione statica ma sembrano in movimento costante, con un montaggio serrato e un ritmo che non consente pause. Questo approccio rende Havoc un prodotto che guarda con interesse al modo in cui il racconto si costruisce in tv, dove il pubblico spesso ha bisogno di un ritmo sostenuto e momenti di tensione frequenti.

Una tecnica affinata tra cinema e serie tv

Havoc è quindi un film d’azione che non prova a rinnovarsi nella narrazione ma punta a tenere alto il coinvolgimento visivo, grazie all’esperienza di evans con una tecnica che ha affinato tra cinema e serie TV. Lo spostamento tra questi mondi rende evidente una scelta stilistica decisa: racchiudere una trama semplice ma efficace in un contenitore saturo di proiettili, dove ogni scena spinge il limite delle sparatorie e del caos urbano.

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