Hibatullah Akhundzada giustifica esecuzioni in Afghanistan: "Senza Sharia, non c'è giustizia"

Hibatullah Akhundzada giustifica esecuzioni in Afghanistan: “Senza Sharia, non c’è giustizia”

Hibatullah Akhundzada, leader talebano, sostiene le esecuzioni per omicidio come necessarie per l’applicazione della Sharia, criticando la comunità internazionale e intensificando le tensioni sui diritti umani in Afghanistan.
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Hibatullah Akhundzada giustifica esecuzioni in Afghanistan: "Senza Sharia, non c'è giustizia" - Gaeta.it

Hibatullah Akhundzada, il leader dei talebani, ha recentemente espresso il suo fermo sostegno alle esecuzioni di quattro uomini condannati per omicidio, definendole necessarie per l’attuazione della Sharia. Questa dichiarazione è emersa in un messaggio audio che ha suscitato l’attenzione dei media, tra cui Afghanistan Times, che riporta dettagli sull’argomento. L’annuncio non solo evidenzia il punto di vista del leader talebano, ma anche la sua volontà di continuare a imporre le leggi islamiche, nonostante l’opposizione internazionale.

L’importanza della Sharia secondo Akhundzada

Nel suo messaggio, Akhundzada ha sottolineato che “nessun comandamento dell’Islam dovrebbe rimanere incompiuto”. Questo concetto mette in primo piano l’intenzione dei talebani di applicare le norme islamiche in modo rigoroso e senza compromessi. L’applicazione della Sharia, nel contesto delle esecuzioni, è vista come un pilastro fondamentale per la giustizia secondo la loro visione.

Il leader ha avanzato l’idea che la società debba accettare l’applicazione della Sharia per sentirsi realizzata e giusta: “Siamo felici che ci venga tagliata la testa, ma non lo saremo se la Sharia non verrà applicata”. Questa affermazione indica una forte determinazione nei confronti della legge islamica e della sua esecuzione, che i talebani ritengono essenziale per la loro agenda politica e sociale.

Critiche alla comunità internazionale

Akhundzada non ha risparmiato critiche nei confronti della comunità internazionale, specialmente nei riguardi dei paesi occidentali che si oppongono alla loro interpretazione delle leggi islamiche. Ha descritto l’opposizione come un’incomprensione della vera essenza della Sharia, sottolineando l’importanza di far valere le proprie decisioni non solo attraverso le parole, ma anche attraverso mezzi coercitivi. “In passato, le parole venivano pronunciate senza usare la forza. Ora è una questione di legge: che qualcuno la accetti o no, la imporremo con la forza”, ha avvertito, chiarendo la sua posizione in merito alle modalità di applicazione della legge.

Questa posizione trova sostegno in un contesto in cui il governo talebano cerca di consolidare il proprio potere e le proprie convinzioni in un clima di crescente pressione internazionale.

Le reazioni delle Nazioni Unite e delle organizzazioni per i diritti umani

La risposta internazionale alle esecuzioni è stata chiara e decisa. Le Nazioni Unite, insieme a diverse organizzazioni per i diritti umani, hanno manifestato il proprio shock e disappunto per la decisione di procedere con le esecuzioni. L’ufficio Onu per i diritti umani ha esortato le autorità afghane a imporre una moratoria sulla pena di morte, sottolineando come tali azioni contravvengano gli standard internazionali in materia di diritti umani.

Le preoccupazioni riguardo alla pena di morte non sono una novità; esse si inseriscono all’interno di un dibattito più ampio sulle pratiche legali in Afghanistan e sulla necessità di rispettare i diritti fondamentali di tutti i cittadini. La tensione fra le autorità talebane e la comunità internazionale continua a crescere, creando un clima di instabilità e conflitto che rimane nel centro dell’attenzione globale.

Nel complesso, la situazione in Afghanistan è complessa e in continua evoluzione, con Hibatullah Akhundzada determinato a portare avanti la sua visione della legge islamica, nonostante le pressioni esterne e le critiche interne.

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