Nel 2023, i Comuni veneti hanno dovuto accantonare una somma straordinaria di oltre 1 miliardo e 370 milioni di euro in un fondo dedicato a crediti che presentano seri problemi di esigibilità. Queste difficoltà derivano da multe stradali non pagate, oneri di urbanizzazione, proventi da evasione fiscale e imposte locali come l’IMU. L’analisi, condotta da Spi Cgil del Veneto sulla base dei bilanci pubblicati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, mette in luce una situazione preoccupante che merita attenzione e approfondimento.
L’impatto dell’evasione e delle politiche fiscali
La situazione attuale
Il dato accertato nel 2023 è allarmante, perché segna un aumento rispetto all’anno precedente, quando i crediti di dubbia esigibilità si erano attestati a circa 850 milioni di euro. Questo incremento evidenzia le difficoltà crescenti dei Comuni nel recuperare somme dovute e riflette un contesto caratterizzato da un’elevata evasione e elusione fiscale. A questo si aggiungono le politiche di condono e rottamazione che, secondo i sindacati, avvantaggiano coloro che non rispettano gli obblighi fiscali, alimentando una cultura dell’impunità e della morosità.
“Questi fondi sottratti ai Comuni sono essenziali per garantire servizi fondamentali per welfare, assistenza e sociale,” commenta Nicoletta Biancardi di Spi Cgil del Veneto, evidenziando la gravità della situazione per le fasce più deboli della popolazione, tra cui anziani e disabili. La crisi in corso potrebbe quindi avere ripercussioni dirette sulla qualità della vita di molti cittadini veneti.
Crediti attivi in calo
Un’altra informazione significativa è che, alla fine del 2023, ben il 42,7% dei crediti attivi, che in totale ammontano a circa 3 miliardi e 188 milioni di euro, risulterà irrecuperabile o recuperabile solo in parte. Questo trend crescente di difficoltà nel recupero dei crediti mette a rischio la stabilità finanziaria delle amministrazioni locali, creando un circolo vizioso che potrebbe limitare ulteriormente la loro capacità di investimento e sviluppo.
Distribuzione geografica dei crediti di dubbia esigibilità
Analisi provinciale
Il report di Spi Cgil mette in evidenza come questa situazione varii significativamente da provincia a provincia. Ad esempio, la provincia di Belluno si trova ad affrontare circa 37 milioni di euro in crediti difficilmente esigibili, corrispondenti al 18,8% dei crediti attivi, ossia una media di 187 euro per abitante. Al contrario, Padova registra una situazione più critica con quasi 369 milioni di euro in crediti di dubbia esigibilità, pari al 56% del totale dei crediti e con un peso di 395 euro per residente.
Nel Rodigino, i crediti non recuperabili ammontano a circa 116 milioni di euro, ovvero il 65,3% dei crediti attivi, portando a un’incidenza per abitante di circa 509 euro. Treviso, invece, ha accantonato 140 milioni e 600 mila euro, che rappresentano il 40,4% del totale, per una media di 160 euro a residente.
Situazione nei capoluoghi
In questo quadro, spiccano anche i dati relativi ai capoluoghi. Padova detiene il primato per il valore del “fondo crediti di dubbia esigibilità”, con circa 226 milioni e 500 mila euro accantonati. Seguono Venezia, con oltre 167 milioni e 500 mila euro, che rappresentano però solo il 29,9% dei crediti attivi. Rovigo, invece, si distingue per la media procapite più alta nel recupero di debbitali, con ogni residente che dovrebbe sborsare, in media, ben 1.092,76 euro.
Conclusioni sul panorama veneto
Questa situazione complessa richiede un’analisi approfondita e misure concrete da parte delle autorità locali e nazionali. La crescente incidenza di crediti non recuperabili non solo incide sulla disponibilità di risorse per i servizi pubblici, ma è anche sintomo di un problema sistemico che, se non affrontato, rischia di compromettere gravemente le finanze comunali e il benessere della comunità veneta.
Ultimo aggiornamento il 7 Agosto 2024 da Donatella Ercolano