A Roma, in zona Cipro, estate 2024 ha visto l’apertura di Ie Koji, un izakaya che propone piatti autentici della tradizione giapponese. Lo chef Koji Nakai e il socio Roberto Salvati hanno voluto un locale dove la cucina racconta le ricette di famiglia, senza contaminazioni occidentali, valorizzando piatti cotti lontani dallo stereotipo sushi. Il nome Ie Koji, che significa “a casa di Koji”, riassume l’essenza del progetto: un luogo familiare dove si respira il vero sapore del sol levante.
Il concetto di izakaya e il successo nella capitale
Il modello scelto è quello dell’izakaya, una tipica trattoria giapponese dove si condividono piatti vari e bevande. Questa formula piace molto in Italia e ha aiutato la diffusione di Ie Koji tra i romani. Lo chef Koji Nakai ricorda come spesso la cucina giapponese venga ridotta al sushi, mentre in realtà la maggior parte delle preparazioni prevede piatti caldi, cotti. “Questo ha permesso al locale di distinguersi, proponendo specialità di famiglia, tramandate da madre e nonna, che difficilmente si trovano altrove.” Tra pranzo e cena il locale è molto frequentato, confermando l’interesse verso una proposta culinaria autentica che si basa su tradizioni profonde più che su mode.
Un ambiente studiato per immergersi nella cultura giapponese
Il locale di via Marcantonio Bragadin ha un’atmosfera che richiama il Giappone grazie al lavoro di Valeria Vecellio, nota per aver vinto nel 2024 un David di Donatello per il design degli interni di un film. I materiali naturali come il legno, le tende noren e le lanterne chochin creano un ambiente caldo e tradizionale, che aiuta a trasportare gli ospiti in un altro mondo. Nei prossimi mesi è prevista una riorganizzazione interna, con l’inserimento di una postazione dove Koji Nakai cucinerà davanti ai clienti come in uno show cooking. L’intento è mantenere i poco meno di 40 coperti, ma aggiungere un elemento di spettacolo e contatto diretto con lo chef.
I piatti di famiglia al centro della proposta stagionale
Il menu riflette la storia personale di Koji Nakai, con ricette che arrivano dalla sua infanzia e famiglia. Cambia seguendo le stagioni, con una selezione di piatti che difficilmente si vedono nei ristoranti giapponesi più comuni. Tra i più richiesti c’è il Tonpei Yaki, una frittata originaria di Kobe fatta senza farina, con ingredienti come pancia di maiale, cavolo e germogli di soia. Viene servita con salsa otafuku, maionese giapponese e katsuobushi. Questo piatto è stato tolto brevemente dal menu per manutenzione, ma la domanda dei clienti è stata tale da farlo rientrare immediatamente.
Un altro pezzo forte è il Nikuya gyu korokke, crocchetta di patate con carne macinata di Wagyu, insaporita da salsa di soia e mirin e impanata nel panko. Koji Nakai ricorda di averla mangiata spesso davanti al liceo, dove la macelleria sopraffaceva il quartiere con il suo profumo. Questi piatti raccontano più di tradizioni gastronomiche: portano frammenti di memoria e luoghi specifici del Giappone che lo chef vuole condividere.
Il ruolo del sake e dei dolci nella cena giapponese
Parte del racconto di Ie Koji passa anche attraverso le bevande. La carta dei sake è molto curata e fatta per proporre ai clienti quello che davvero accompagna i piatti in Giappone. Vini naturali e birre giapponesi sono disponibili, ma il sake rimane protagonista, con varie etichette e stili. Nel locale si svolge anche un lavoro di spiegazione e invito alla degustazione di questa bevanda fermentata, sottolineandone la complementarità con il cibo.
Dopo pochi mesi dall’apertura, Ie Koji ha ampliato il menu inserendo una sezione dolci. Questa parte è affidata a una pasticciera esperta nella preparazione dei dessert tipici giapponesi, una componente che completa il pasto offrendo ai clienti un’esperienza gastronomica più completa e fedele alla tradizione. L’attenzione ai dettagli, dai piatti al sake fino ai dolci, definisce Ie Koji come un pezzo raro nella scena gastronomica di Roma, con una cucina che guarda alle radici del sol levante senza mediazioni.