Il 7 ottobre 1943 segna una data cruciale nella storia della Resistenza italiana. In questo giorno, durante l’occupazione nazifascista di Roma, le truppe tedesche effettuano il disarmo e la cattura di circa 1500 Carabinieri, mentre un numero significativo di loro riesce a sfuggire, grazie al supporto della popolazione locale. Questo episodio si colloca nel contesto di eventi tumultuosi iniziati un mese prima, quando l’armistizio dell’8 settembre rivoluzionava le dinamiche della guerra e della resistenza italiana. L’articolo approfondirà la resilienza dei Carabinieri, l’azione dei nazisti e le conseguenze del disarmo.
La resistenza dei Carabinieri a Roma
Il racconto inizia la sera dell’8 settembre 1943, quando il Maresciallo Badoglio annuncia l’impossibilità di continuare la lotta contro le forze nemiche, segnando un cambio di rotta drastico che coinvolge militari e civili. A Roma, i Carabinieri si trovano in prima linea insieme ad altri militari nel tentativo di opporsi all’avanzata tedesca. Il 9 settembre, il Capitano Orlando De Tommaso dirige le operazioni alla Magliana, dove un conflitto acceso culmina con la morte di 28 Allievi Carabinieri e lo stesso De Tommaso. Questo gesto di eroismo non passa inosservato e sarà premiato con la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria, lasciando un segno profondo nella memoria collettiva.
Molti Carabinieri, come il Tenente Colonnello Giovanni Frignani e il Capitano Raffaele Aversa, scelgono di entrare in clandestinità dopo l’8 settembre, affiliandosi a gruppi di resistenza come la “Banda Caruso”. La loro decisione di resistere e combattere per la libertà espone i Carabinieri a rischi considerevoli, ma la scelta di rimanere fedeli ai valori della patria e della monarchia diventa un simbolo della lotta antifascista. Gli arresti e le deportazioni che seguiranno rappresenteranno un tentativo sistematico di estirpare questa opposizione, ma non senza incontrare strenuo contrasto da parte di chi decide di rimanere in campo.
L’operazione di disarmo e deportazione
Il 6 ottobre 1943, il Maresciallo Rodolfo Graziani emana la Direttiva N. 269, ordinando il disarmo dei Carabinieri a Roma. Gli ordini, supportati da alti ufficiali tedeschi e fascisti, pongono i membri dell’Arma di fronte a una scelta di sopravvivenza. In seguito a queste direttive, il Generale Casimiro Delfini, facente funzioni, condanna i suoi uomini alla cattura e alla deportazione. I Carabinieri che non riescono a fuggire dall’ordinanza di disarmo vengono arrestati e deportati in massa, un atto che rivela l’ostilità dei tedeschi nei confronti di un’istituzione che aveva giurato fedeltà al re e non a Mussolini.
È da notare che, sebbene i Tedeschi siano stati determinanti nella cattura, molti Carabinieri sono stati consegnati dai fascisti di Salò, che hanno collaborato attivamente con i nazisti per facilitare le operazioni di disarmo. Questa connivenza rappresenta un tradimento epocale nei confronti di coloro che avevano cercato di difendere la patria contro l’occupazione oppressiva. Si stima che dai 1500 ai 2500 Carabinieri siano stati arrestati quel giorno, molti dei quali affronteranno il triste destino di essere deportati nei campi di concentramento.
Le conseguenze della deportazione
Dopo il 7 ottobre, i Carabinieri rastrellati vengono inviati non solo nei campi di prigionia, ma anche nei campi di sterminio in Polonia e Germania. Nonostante le atrocità e gli orrori a cui sono stati sottoposti, molti di loro rifiutano di collaborare con i nazifascisti. La resistenza pacifica e la dignità di fronte alla brutalità del regime nazista segnano un episodio di grande valore umano e simbolico. La deportazione dei Carabinieri si rivela, quindi, un atto non solo di repressione, ma anche un tentativo di silenziare una voce critica che continuava ad esistere nel cuore pulito della Resistenza Italiana.
L’intenso coinvolgimento della popolazione civile nel nascondere e proteggere i Carabinieri catturati dimostra una grande solidarietà. Famiglie romane, nonostante i rischi, accolgono i militari nelle loro case, fornendo abiti civili e protezione. Questo gesto di umanità rappresenta una luce nel buio di un periodo segnato dalla violenza e dall’oppressione.
Il 16 ottobre 1943, solo nove giorni dopo il disarmo, avviene la razzia del Ghetto di Roma, un altro capitolo oscuro della storia che avrebbe visto la cattura di migliaia di ebrei romani. Sebbene le gesta dei Carabinieri non siano sempre ricordate, la loro memoria e il loro sacrificio devono continuare a essere onorati.
L’assenza di un riconoscimento ufficiale per il 7 ottobre pone interrogativi sulla memoria storica e sull’importanza di non dimenticare quei momenti che hanno segnato la frontiera tra resistenza e repressione. Le pietre d’inciampo e le cerimonie commemorative sono i modi attraverso cui si cerca di rievocare e mantenere viva la memoria delle vittime di un periodo buio, sottolineando l’importanza della resistenza civica e militare.
Ultimo aggiornamento il 7 Ottobre 2024 da Armando Proietti