Nel panorama calcistico italiano, l’idea di quotarsi in Borsa sembra un miraggio per molte società. I club, dominati da storie sportive e passione dei tifosi, non sembrano entusiasmarse per l’idea di entrare nel mercato azionario, attirando l’attenzione degli investitori. Tra criticità legate alla struttura del business calcistico e incertezze sulle performance sportive, le dinamiche interne ed esterne si intrecciano, rendendo poco appetibile l’ingresso in Borsa. Scopriamo insieme i motivi profondi dietro questa riluttanza.
Calcio e Borsa: un’accoppiata poco riuscita
Attualmente, le uniche squadre di calcio italiane quotate in Borsa sono la Juventus e la Lazio, dopo che nel 2022 la Roma ha scelto di effettuare il delisting. Gian Marco Salcioli, strategist di Assiom Forex, evidenzia che la poca presenza della Serie A sui mercati è collegata a una serie di motivi. Prima di tutto, il business calcistico in Italia ha scambi limitati e un’interazione debole con i mercati azionari, il che porta a un’assenza di interesse da parte degli investitori.
Prendendo ad esempio la Juventus, il titolo ha subito una evidente flessione dal massimo di 9,5 euro nel 2019, scivolando verso i minimi vicino a 2 euro, per tentare un rimbalzo intorno ai 3 euro. In riferimento a questo, la Lazio rappresenta un ulteriore segnale di scarso interesse, con scambi minimi e una volatilità quasi assente, dimostrando come le quotazioni oscillino in modo limitato. In generale, i dati evidenziano una netta decorrelazione dagli indici di riferimento azionari, rivelando che le cause del calo di valore delle azioni siano specifiche per ogni club.
L’assenza di molti club nei listini: motivazioni profonde
Molti club rinomati come Inter, Milan, Fiorentina e Atalanta non mostrano intenzioni di quotarsi a breve. Un elemento cruciale è la gestione delle squadre, spesso controllate da famiglie o gruppi privati, i quali preferiscono mantenere il potere decisionale e non vogliono influenze esterne da parte di azionisti. In questa logica, una quotazione comporterebbe una diluizione del capitale, che non viene vista di buon occhio.
Inoltre, l’afflusso di investimenti tramite private equity o venture capital è preferito nel caso in cui squadre italiane fossero acquisite da gruppi esteri. Questi metodi offrono modalità più dirette di guadagno, evitando le complessità e i passaggi burocratici delle aziende quotate. Un esempio illuminante è il passaggio della proprietà dell’Inter da Suning a Oaktree Capital Management, un caso concreto di come le strategie di investimento fuori dai circuiti azionari possano rivelarsi più vantaggiose in determinate circostanze.
L’impatto delle performance sportive sulle azioni
Una realtà che non va sottovalutata è l’impatto diretto che i risultati sul campo hanno sui prezzi delle azioni. Una stagione deludente può portare a una perdita di valore delle azioni, generando instabilità e insoddisfazione tra gli investitori. In effetti, il risultato sportivo è di per sé incerto, proprio come il cuore pulsante del gioco. La realtà è che l’investitore è spesso devoto alla propria squadra, fondata su valori di fedeltà e passione, il che complica la dicotomia tra interesse finanziario e affezione sportiva.
Le sfide della gestione finanziaria
Quotarsi in Borsa non è solo una questione di visibilità, ma implica l’adozione di elevati standard di trasparenza e rendicontazione. Questi requisiti sono talvolta onerosi, specialmente per le società che non sono pronte o disposte a implementare tali strutture. Salcioli sottolinea che, sebbene i club di calcio siano amati dai tifosi, il loro fatturato si colloca al livello delle piccole e medie imprese.
Paradossalmente, l’asset principale delle società, i calciatori, sono soggetti ad elevati rischi di svalutazione. Gli infortuni o performance sotto tono possono influenzarne pesantemente il valore. Inoltre, molte squadre ricorrono al player trading per coprire le perdite derivanti dalla gestione quotidiana, rendendo la gestione dei costi una questione cruciale. Salari, contributi previdenziali e premi contrattuali possono occupare una porzione notevole del bilancio, costringendo i club a bilanci delicati.
Fatturati e ritorni economici
I dati sui fatturati dei club italiani rivelano un’altra verità. Nonostante l’immensa popolarità e il numero di tifosi sia nazionale che internazionale, i bilanci si avvicinano a quelli delle piccole e medie imprese di altri settori. Nel 2022-23, Juventus ha registrato ricavi pari a 432 milioni di euro, Inter 378 milioni e Milan 385 milioni. È importante notare che assenti sono le entrate equivalenti a quelle delle società estere, le quali già possiedono stadi di proprietà che garantiscono flussi di cassa.
Questi stadi permettono non solo eventi sportivi ma anche concerti e altri spettacoli, generando un reddito supplementare durante le pause tra le partite. Diverse squadre italiane, tra cui Milan e Roma, stanno faticando a seguire questa strada, nonostante le opportunità economiche associate alla costruzione di impianti polivalenti intorno ai campi di calcio.
L’approccio estero al mercato
In molte nazioni europee, come Inghilterra, Francia e Germania, diverse squadre calcistiche hanno scelto la Borsa come mezzo per raccogliere capitali e amplificare la loro visibilità internazionale. Club noti come il Manchester United e il Borussia Dortmund hanno utilizzato i mercati per finanziare operazioni cruciali, dall’acquisto di calciatori alla costruzione di infrastrutture. Tuttavia, alcuni studi indicano che la quotazione non porta automaticamente a un miglioramento delle prestazioni sul campo, spesso impiegando i fondi per riparare bilanci piuttosto che per investimenti strategici.
In un mondo in cui il calcio si intreccia a dinamiche finanziarie affascinanti e complesse, le squadre italiane sembrano preferire la tradizione e il controllo diretto piuttosto che la volatilità e l’incertezza di un accesso a mercati che sembrano inadeguati alle loro necessità concrete. L’orizzonte resta da esplorare, e chissà se la mentalità cambierà in futuro.
Ultimo aggiornamento il 17 Dicembre 2024 da Laura Rossi