Sara Petraglia, emergente regista e figlia del noto sceneggiatore Sandro Petraglia, porta in sala la sua opera prima, “L’albero“, già apprezzata al Festival di Roma. Questo film, in uscita il 20 marzo con Fandango, si distingue per il suo sguardo originale sulla dipendenza da droga, rivelando una realtà che trascende gli stereotipi. Non riguarda esclusivamente i giovani delle periferie, ma colpisce anche il mondo delle ragazze benestanti, che affrontano battaglie simili con conseguenze altrettanto gravi.
Una nuova prospettiva sulla dipendenza
“L’albero” si propone di sfidare le consuete narrazioni legate alla droga, tipicamente associate a contesti di povertà e marginalità, come evidenziato dalla stessa Petraglia. In un’intervista con l’ANSA, la regista ha sottolineato come la sua esperienza personale l’abbia portata a esplorare la dimensione dei ‘privilegi’ nel mondo della tossicodipendenza. “Essere una tossica privilegiata mi dava molti sensi di colpa,” confessa la regista, aggiungendo che il sentimento di colpa non è ristretto a chi vive in condizioni di disagio, ma può estendersi a chiunque riconosca i propri privilegi.
Le parole di Petraglia mettono in luce l’importanza di rappresentare questa realtà in un film, evidenziando l’assurdità di un fenomeno che non fa distinzioni di classe sociale. Annunciando l’attualità del tema, l’autrice ha dichiarato: “Oggi non esiste più una distinzione netta tra i sessi nel consumo di sostanze stupefacenti.” La narrazione, dunque, si arricchisce del punto di vista femminile, mostrando come anche le giovani donne affrontino la questione con la stessa complessità degli uomini.
La storia di Bianca e Angelica
La trama di “L’albero” ruota attorno a due ventenni, Bianca e Angelica, che vivono nella vivace zona del Pigneto a Roma. Le due protagoniste, interpretate da Tecla Insolia e Carlotta Gamba, incarnano una gioventù tra sogni e dipendenze. Bianca, che lascia i comfort familiari per vivere con Angelica, rappresenta il conflitto tra aspirazioni e disillusioni. La sua lotta interiore viene espressa attraverso la scrittura di un quadernetto in cui mette nero su bianco pensieri, idee e frustranti progetti di vita.
Questa dualità tra aspirazione intellettuale e ricerca di evasione si traduce in una dipendenza da cocaina, che si insinua nella quotidianità delle ragazze. La sceneggiatura racconta con lucidità il vacuo senso di tristezza e noia che le accompagna, domande esistenziali sul significato della vita e delle relazioni affollano le loro conversazioni. In questo senso, il film si propone come uno specchio della gioventù contemporanea, che lotta per trovare un senso in un mondo che sembra spesso privare di gioia autentica.
Temi e simbolismo
Il grande poster di Giacomo Leopardi nel loro appartamento non è solo un elemento scenografico; diventa simbolo di aspirazioni e malinconia. Leopardi, noto per la sua poesia esistenziale, risuona profondamente con le emozioni delle protagoniste. La presenza del poeta sottolinea l’intreccio tra bellezza e dolore, un tema centrale nel film, che apre a riflessioni sulle contraddizioni della vita moderna.
Il film, quindi, non si limita a raccontare una storia di dipendenza, ma si spinge oltre, invitando gli spettatori a riflettere su come la società può ignorare i segnali di disagio. Con una narrazione avvincente, Petraglia ci offre uno spaccato di realtà che merita attenzione, portando in scena un dramma che può nascondersi dietro facciate apparentemente serene. La regista riesce a coniugare il personale con l’universale, rendendo “L’albero” un’opera da vedere, discutere e comprendere.
Con il suo tocco innovativo e le sue tematiche attuali, “L’albero” di Sara Petraglia si propone come una visione fresca e necessaria all’interno del panorama cinematografico attuale.