La strage avvenuta il 4 gennaio del 1991 al Pilastro di Bologna è un episodio che ancora oggi fa riflettere sull’efferatezza della violenza e sulla complessità della giustizia italiana. Quella tragica mattina, tre giovani carabinieri – Otello Stefanini, Andrea Moneta e Mauro Mitilini – furono uccisi dalla banda della Uno Bianca. In occasione del 34° anniversario di questa eccidiale azione, i familiari delle vittime hanno espresso il loro desiderio di vedere giustizia finalmente realizzata, denunciando le possibili complicità e le coperture che avrebbero potuto favorire i fratelli Savi, attualmente condannati all’ergastolo.
Il contesto storico della strage al Pilastro
Negli anni ’90, l’Italia era scossa da una serie di eventi violenti che avevano gettato ombre sulla sicurezza e sulla stabilità del paese. La banda della Uno Bianca si rese protagonista di un lungo periodo di terrore, segnato da colpi violenti, omicidi e una spietata follia criminale. Il Pilastro, un quartiere di Bologna, fu il teatro di uno degli episodi più drammatici, con la morte di tre giovani carabinieri. Quello che sembrava un attacco mirato a colpire le forze dell’ordine si trasformò in un attacco al cuore dello Stato stesso, scatenando una profonda indignazione nella società italiana.
I familiari delle vittime non hanno mai smesso di richiedere una verità che sembri sfuggire. Il ricordo di quel giorno doloroso continua a vivere nei loro cuori e nelle loro menti, alimentando una determinazione a far luce su un caso che è rimasto irrisolto sotto tanti aspetti. La lotta contro l’omertà e il silenzio, che spesso avvolgono tali situazioni, è un compito arduo ma necessario per portare a galla la verità .
Il riconoscimento delle responsabilitÃ
Nel 2023, i familiari di Stefanini, Moneta e Mitilini hanno presentato un esposto alla Procura di Bologna per richiedere la riapertura delle indagini, sottolineando la necessità di attribuire responsabilità ai depistaggi e alle eventuali connivenze legate alla banda della Uno Bianca. La loro posizione si fonda sulla convinzione che siano esistiti complici e mandanti delle azioni violente che rimasero a lungo nell’ombra.
Sottolineano come la ricerca della verità sia doverosa non solo per i tre carabinieri assassinati, ma anche per tutte le vittime di quella lunga fase di terrore che durò ben sette anni. La necessità di giustizia per i feriti e i caduti è un tema ricorrente nelle dichiarazioni delle famiglie, che si sentono in dovere di chiedere un’analisi approfondita e una revisione di tutte le azioni legate alla banda.
Fiducia nella Procura di Bologna
I familiari dei carabinieri esprimono una certa fiducia riguardo al lavoro della Procura di Bologna, sperando che possano emergere nuove verità . Si augurano che il “muro di omertà ” che ha ostacolato per lungo tempo la ricerca della giustizia possa crollare, rendendo possibile una scoperta di responsabilità e una conseguente punizione per coloro che hanno contribuito a nascondere le verità .
Le cronache di Bologna del 1991 parlano di un’epoca segnata dalla paura e dall’incertezza. Oggi, questa riapertura delle indagini potrebbe rappresentare un passo fondamentale verso la verità , contribuendo a sanare una ferita che, nonostante gli anni, continua a sanguinare per molte famiglie e per un’intera comunità .
Nella memoria collettiva, i nomi di Otello Stefanini, Andrea Moneta e Mauro Mitilini restano legati a un ideale di servizio e sacrificio. La loro memoria vive nelle battaglie quotidiane per la giustizia che i loro cari continuano a combattere, un segno tangibile di resilienza e di determinazione. Gli sviluppi futuri delle indagini rimangono un tema di grande interesse per la collettività , simbolo di una lotta contro l’impunità e per una vera giustizia.
Ultimo aggiornamento il 4 Gennaio 2025 da Sara Gatti