In un angolo di Napoli, la mostra “La Poesia del presepe napoletano” accoglie visitatori con un’opera unica: il “Presepe dei fondaci”. Questa installazione è un’esplorazione della vita sociale e culturale di Napoli risalente al 1889, ispirata dall’importante scrittrice Matilde Serao. Ospitata nella chiesa di Santa Marta, la mostra è un’opportunità straordinaria per immergersi nella storia della città attraverso un eccellente esempio di arte presepiale.
Matilde Serao e il suo mondo
Matilde Serao, figura emblematica dell’intellighentia napoletana, è al centro di quest’opera. La scrittrice, nota per i suoi racconti della vita quotidiana e le sue acute osservazioni sulla società, è rappresentata accanto a icone artistiche e intellettuali dell’epoca. Vincenzo Nicolella, responsabile dell’Associazione Presepistica Napoletana, sottolinea come l’allestimento non solo celebri Serao, ma anche altre personalità significative come Roberto Bracco, Ferdinando Russo e Salvatore Di Giacomo. Attraverso la loro presenza nel presepe, si ricostruisce un’immagine vivida della Napoli ottocentesca, del suo fermento culturale e delle interazioni sociali.
Trasformazione del presepe napoletano
La mostra illustra un’importante evoluzione stilistica nel mondo del presepe, spostando l’attenzione dal “presepe cortese” del Settecento a una rappresentazione che riflette il tessuto urbano di Napoli. Nicolella spiega come il presepe si sia trasformato in un ecosistema narrativo, dove le scene rivelano la vita popolare dei vicoli. Qui, gli arredi e i pastori tradizionali si fondono con figure di venditori ambulanti e personaggi della cultura locale, creando un racconto complesso e stratificato delle trasformazioni socioeconomiche dell’epoca. Le ambientazioni diventano un riflesso non solo della religiosità tipica del presepe, ma anche delle nuove dinamiche sociali emergenti, con scenari che ritraggono la vita comune piuttosto che la sola Natività.
Un’accurata realizzazione a più mani
L’allestimento del “Presepe dei fondaci” è frutto di un lavoro collettivo che ha coinvolto 35 esperti, tra cui sette maestri presepiali. Questa meticolosa realizzazione è stata possibile grazie a un’ampia ricerca documentale che include testi, canzoni e opere artistiche, come i quadri di Vincenzo Migliaro. Nicolella evidenzia come ogni dettaglio dell’opera non sia casuale, ma frutto di una seria indagine su come era Napoli nel XIX secolo. L’accuratezza dei dettagli non serve solo a realizzare una scenografia convincente, ma offre uno spaccato autentico della vita di quei tempi, riflettendo i valori, le angustie e le gioie della vita quotidiana.
La vita nei vicoli e la scena della mancanza
Nel “Presepe dei fondaci” si trova un’interpretazione cruda della vita nei vicoli napoletani. Scugnizzi, artigiani, innamorati e addirittura figure di un mondo marginale convivono in un piccolo scenario, con storie che si intrecciano in spazi ristretti. Nicolella indica dettagli che catturano momenti di vita genuina, come la raffigurazione di una prostituta e di una madre che la osserva, rivelando una narrazione profonda e sfumata. Curiosamente, la Natività non è presente. Un passante che tenta di salvare la scena tradizionale di un presepe è richiamato all’attenzione come simbolo di una Napoli in via di cambiamento. “Il ventre di Napoli” è il titolo dato da Serao alla sua città e in questo presepe, il concetto di vita e morte coesistono, mescolando sacro e profano.
Il “Presepe dei fondaci” è non solo un’opera d’arte ma un documento di un’epoca che narra storie dimenticate e invita a riflettere sulla continua trasformazione di Napoli.
Ultimo aggiornamento il 27 Novembre 2024 da Laura Rossi