Il 10 ottobre 1958 segna la morte di papa pio XII, all’anagrafe Eugenio Pacelli, venuto a mancare il giorno prima nella residenza estiva di Castel Gandolfo. Dopo che migliaia di fedeli portarono omaggio al pontefice scomparso, la sua salma fu destinata alle Grotte Vaticane, nel cuore della basilica di San Pietro. La pratica del trasporto, che avrebbe attraversato lo Stato italiano, comprensiva di difficoltà e tempi serrati, mostra dettagli poco noti sulla conservazione e gestione del corpo del papa morto. Questo racconto ripercorre quei momenti, soffermandosi sull’urgenza e gli inconvenienti che caratterizzarono la sistemazione della salma.
La morte di papa pio XII e l’omaggio dei fedeli a castel gandolfo
Pio XII si spense all’età di 82 anni, il 9 ottobre 1958, all’interno della residenza papale di Castel Gandolfo, poco fuori Roma. La notizia diffuse rapidamente e la popolazione cattolica si raccolse attorno a quella dimora per rendere un ultimo omaggio a colui che aveva guidato la chiesa per più di 19 anni. Le finestre di Castel Gandolfo si riempirono di fiori e di candele mentre pellegrini, vescovi e sacerdoti confondevano le loro preghiere nel silenzio misto a dolore.
L’atmosfera era carica di rispetto religioso, tanto più che si trattava di un pontefice che aveva attraversato il periodo della seconda guerra mondiale e molti cambiamenti politici internazionali. Già allora il desiderio di far rientrare rapidamente la salma nella città del Vaticano, per la tumulazione definitiva, prese corpo nei circoli più stretti della Santa Sede. Questo passaggio non era semplice, visto che implicava il trasferimento di un corpo umano morto attraverso più territori italiani. La necessità di fare tutto in fretta si rivelò presto decisiva.
Difficoltà e urgenza per il ritorno
Il corpo di pio XII doveva essere trasferito dalle stanze di Castel Gandolfo fino alle Grotte Vaticane della basilica di San Pietro, luogo della sepoltura papale tradizionale. In quegli anni la gestione di corpi di personaggi di rilievo pubblico avveniva senza le avanzate tecniche moderne oggi a disposizione. E questo si tradusse in una serie di complicazioni.
Le sfide nel trasporto del feretro e la gestione della salma
Innanzitutto la decomposizione della salma progrediva veloce, probabilmente a causa di un trattamento iniziale non adeguato o della temperatura nelle stanze di Castel Gandolfo. La fretta con cui si dovette organizzare il trasporto rispose anche a questa esigenza di evitare danni maggiori al corpo. Lo scompiglio tra i protocolli previsti e la necessità pragmatica di accelerare prese il sopravvento.
Il tragitto attraversava territorio italiano, una cosa non scontata da un punto di vista logistico e politico nel 1958, quando i rapporti tra Stato Italiano e Vaticano erano regolati da precise intese, ma comunque richiedevano autorizzazioni a ogni passaggio di confine territoriale. Il corpo di un papa non era mai stato spostato con questa urgenza e rapidità .
Autorizzazioni e limiti politici
Nel 1958 i rapporti tra Stato Italiano e Santa Sede imponevano una serie di passaggi burocratici, rendendo più complesso un trasporto tanto delicato e urgente. Questa procedura evidenziò alcune criticità nel sistema.
Differenze con la tumulazione di papa francesco e riflessi sulla tradizione funeraria vaticana
Nel 2025, si è tenuta la tumulazione di papa Francesco nella basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, un luogo differente rispetto alla storica sepoltura nelle Grotte Vaticane. Anche il trasporto del feretro attraversò lo Stato italiano, un richiamo alla procedura seguita nel 1958, però con tempi e modalità più misurate.
Nel caso di pio XII, l’urgenza determinata dalla decomposizione del corpo impose una corsa contro il tempo. Con papa Francesco invece, la salma ha potuto seguire un cerimoniale più rispettoso e calibrato, supportato da una tecnologia migliore per la conservazione. Questi due eventi sottolineano come le pratiche funerarie papali e gli aspetti logistici siano cambiati con il passare degli anni.
Nel caso del 1958 si vennero a creare problemi pratici mai affrontati con quella intensità prima, incluso il delicato tema relativo alla conservazione temporanea e trasporto del corpo umano di un pontefice nell’ambito di convenzioni statali. Fu una situazione che evidenziò certi limiti dell’epoca, mai più ripetuti con quella drammaticità .
Gli aspetti tecnici della conservazione del corpo di pio XII e gli errori commessi
La decomposizione precoce del papa appena morto deriva da alcuni errori nella pratica di conservazione iniziale. Le tecniche oggi impiegate per la preservazione delle salme, come la refrigerazione o l’imbalsamazione avanzata, non erano così diffuse o perfezionate nel 1958.
Pio XII fu posto in una teca, ma la temperatura e l’umidità non vennero controllate in modo sufficiente. L’ambiente di Castel Gandolfo, pur essendo suggestivo, non garantiva condizioni ottimali per rallentare il deterioramento naturale.
La necessità di muovere il feretro in fretta fu dettata proprio dal rischio che la salma diventasse irriconoscibile o che il corpo si deteriorasse durante lunghe attese burocratiche o cerimoniali. Questa urgenza rese complicato organizzare con calma e rigore l’intero processo, portando anche a decisioni prese sul momento, senza un protocollo standardizzato.
I problemi evidenziati in quel trasporto fece da lezione, influenzando le procedure successive adottate dalla Santa Sede. Nel tempo la conservazione e la gestione dei feretri papali hanno subito un’evoluzione, correggendo quegli errori che nel 1958 sembravano inevitabili.
Una pagina poco nota della storia papale
La vicenda racconta una pagina poco nota di un evento storico, dimostrando quanto la cura tecnica retrae ruolo fondamentale in momenti solenne e delicati quale la morte di un pontefice.