La Chiesa non è una dogana: il messaggio di Papa Francesco sull’obolo e le celebrazioni
Papa Francesco ha recentemente riaffermato un principio essenziale: «La Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa». Queste parole, tratte dalla “Evangelii Gaudium” del 2013, sono state richiamate per chiarire alcuni aspetti riguardanti l’obolo e le pratiche connesse alle celebrazioni eucaristiche. In questo contesto, il Pontefice sottolinea l’importanza dell’obolo come strumento di sostegno per la comunità ecclesiale.
L’obolo è considerato dalla Chiesa un gesto di unità, poiché permette ai fedeli di partecipare più attivamente al Sacrificio eucaristico. Non si tratta di una semplice donazione, ma di un atto che testimonia la volontà dei credenti di unirsi alla vita della Chiesa. Come spiegato in varie occasioni, l’obolo non viene demonizzato. Al contrario, è riconosciuto come un mezzo per aiutare le necessità della Chiesa e per garantire il sostentamento dei suoi ministri. Tuttavia, è importante che tale pratica venga eseguita con rispetto delle norme e delle indicazioni fornite dalle autorità ecclesiastiche.
Un’azione comunitaria
La Chiesa promuove quindi l’obolo, incoraggiando i fedeli a partecipare non solo spiritualmente, ma anche concretamente al sostegno delle opere religiose. Questo approccio riflette una visione comunitaria, in cui ogni contribuente è parte attiva nella costruzione di un ambiente sacramentale ricco e accogliente.
Le criticità nelle prassi legate all’obolo
Nonostante le buone intenzioni, alcune prassi legate all’obolo hanno sollevato preoccupazioni. In particolar modo, il Papa mette in evidenza certi comportamenti abusivi che si sono manifestati nel tempo. Tra i più rilevanti, vi è quello che riguarda la celebrazione di messe per un numero eccessivo di intenzioni, che può richiedere tempi di celebrazione a lungo termine. Questo è in contraddizione con le indicazioni di una celebrazione più sobria, che si concentra su un numero ragionevole di intenzioni.
L’importanza della dignità liturgica
Ad esempio, se la lista di nomi di defunti per cui si celebra la messa diventa eccessivamente lunga, ciò influisce sulla qualità e sull’intensità dello spirito della concelebrazione. Il Papa ha richiamato l’attenzione su questo punto, sottolineando che è auspicabile tornare a pratiche che rispettino l’intento spirituale dell’eucaristia, riducendo il numero di intenzioni per ogni messa e riflettendo su come ogni gesto liturgico possa realmente favorire una connessione più profonda con la fede.
L’appello alla comunità dei fedeli
Papa Francesco invita anche la comunità dei fedeli a una riflessione profonda su cosa significhi essere parte della Chiesa. L’invito è a vedere la propria vita come un dono, contribuendo così a un ambiente accogliente che non esclude nessuno. Attraverso la Comunione dei santi, ciascuno è chiamato a riconoscere il valore del sacrificio di ognuno, celebrando le messe in modo da onorare ogni intenzione con solennità e rispetto.
Questa visione si allinea perfettamente con la missione della Chiesa, che deve essere un luogo di accoglienza e armonia. Ringraziare i defunti attraverso le celebrazioni eucaristiche è un atto di pietà e devozione che merita di essere gestito con la dovuta attenzione.
Le osservazioni del Pontefice puntano quindi a una riforma delle prassi, con l’obiettivo di garantire che ogni celebrazione rimanga una vera e propria espressione comunitaria di fede, in grado di coinvolgere i fedeli in un’esperienza autentica e significativa.