Il sindacalista arrestato: l'infiltrazione della 'ndrangheta nella Filca-Cisl di Torino

Il sindacalista arrestato: l’infiltrazione della ‘ndrangheta nella Filca-Cisl di Torino

Un ex leader sindacale della Filca-Cisl di Torino, Domenico Ceravolo, è stato arrestato per collusione con la ‘ndrangheta, sollevando gravi interrogativi sulla trasparenza e integrità delle organizzazioni sindacali.
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Il sindacalista arrestato: l'infiltrazione della 'ndrangheta nella Filca-Cisl di Torino - Gaeta.it

Una recente indagine ha svelato un legame inquietante tra un ex leader sindacale e la ‘ndrangheta, rivelando come la criminalità organizzata possa infiltrarsi in strutture a tutela dei diritti dei lavoratori. Domenico Ceravolo, ex segretario organizzativo della Filca-Cisl di Torino-Canavese, è stato arrestato il 24 settembre 2024, accusato di avere agito come intermediario tra i clan mafiosi e il mondo del lavoro. Questo caso solleva interrogativi sul rispetto delle norme e sulle responsabilità all’interno delle organizzazioni sindacali.

L’arresto di Domenico Ceravolo

Il 24 settembre scorso, Domenico Ceravolo è stato arrestato nell’ambito dell’operazione “Factotum” condotta dalla DDA di Torino. L’ex segretario della Filca-Cisl di Torino-Canavese è accusato di aver usato la sua posizione per favorire i clan calabresi, diventando un alleato fondamentale dei gruppi mafiosi nella regione. Ceravolo era noto per la sua capacità di muoversi con disinvoltura nel contesto sindacale, mentre, in parallelo, gestiva anche rapporti con i clan, in particolare con la cosca Bonavota e il clan D’Onofrio.

L’indagine ha messo in luce un’operazione di lobbying mafiosa che si estende non solo nel campo lavorativo ma anche nelle dinamiche sociali e produttive del Nord-Ovest italiano. Ceravolo riusciva a “risolvere problemi”, a “sistemare” situazioni lavorative e a “procura r e contatti” giusti, evidenziando come la criminalità possa sfruttare figure come quella del sindacalista per inserirsi in strati importanti della società. Con il soprannome di “factotum”, era percepito come una persona di fiducia, capace di destreggiarsi tra le richieste legittime e quelle illecite.

La casa a corso Siracusa e i collegamenti con il crimine

Una delle scoperte più scioccanti emerse dall’inchiesta riguarda l’abitazione di Ceravolo in corso Siracusa a Torino, che lui affittava per soli 470 euro al mese, oneri inclusi. L’affitto veniva sostenuto dalla Filca-Cisl. Le intercettazioni hanno rivelato che l’organizzazione sindacale era consapevole di questa irregolarità, definendola “underground“. Questo non era solo un favore per Ceravolo. Investigando, gli inquirenti hanno scoperto che tra il 2020 e il 2022 a quell’indirizzo risultavano residenti anche personaggi legati alla mafia, tra cui Vincenzo Valenti, cognato del boss Francesco D’Onofrio, e Saverio Galati, figlio di un noto capobastone.

Questa situazione ha portato a ipotizzare che l’immobile fosse utilizzato come una sorta di rifugio mafioso, dove i membri della criminalità organizzata trovavano conforto e assistenza in un ambiente apparentemente legittimo. Ceravolo, con il suo ruolo sindacale, ha quindi svolto un compito cruciale nell’attività dei clan, favorendo la loro infiltrazione nelle pratiche lavorative e nella gestione di risorse.

I privilegi durante le indagini

Ceravolo non ha solo beneficiato di un’abitazione a costo dimezzato; ogni volta che finiva in situazioni legali complicate, i suoi vantaggi aumentavano. Un episodio emblematico si è verificato nel febbraio 2023, quando fu convocato in Calabria come persona informata sui fatti nel processo Rinascita-Scott. Nonostante il viaggio non avesse attinenza con le sue attività sindacali, il costo del trasporto e altre spese venivano rimborsati dalla Filca-Cisl, grazie all’intervento di dirigenti di alto profilo.

La giustificazione fornita da Ceravolo sui motivi della sua trasferta, quindi, sembrava più una scusa piuttosto che una spiegazione legittima. Le intercettazioni confermano la consapevolezza dei leader sindacali riguardo a queste anomalie, dissipando il dubbio che l’operato di Ceravolo fosse isolato.

Un ambiente di collusione

Dai documenti raccolti, appare chiaro che Ceravolo gestiva la sua posizione all’interno della Filca-Cisl come un privilegio personale, favorendo attività di supporto per le famiglie mafiose. Gli investigatori hanno rintracciato pratiche per il reddito di cittadinanza intestate ad affiliati e hanno monitorato aiuti per latitanti. L’inquietudine non è tanto sul comportamento di Ceravolo, quanto sull’apparente assenso di più persone all’interno del sindacato.

Dopo l’arresto, la Cisl ha avviato verifiche interne. Ma i dubbi rimangono. Come è stato possibile che un’organizzazione istituzionale, creata per proteggere i diritti dei lavoratori, possa essere stata sfruttata come veicolo per il favoreggiamento della criminalità? Il caso di Ceravolo ha portato alla luce il nodo delle responsabilità, aprendo un dibattito non solo sul sindacato, ma sull’intero sistema che ne regola il funzionamento.

Le ripercussioni sul sindacato

Al momento, Ceravolo si trova in carcere a Voghera. Le conseguenze del suo operato sono gravissime per la Filca-Cisl. Le indagini in corso cercano di far luce su come un singolo individuo possa aver costruito, senza ostacoli, un sistema di connessione tra il sindacato e la mafia. Questo episodio evidenzia un problema strutturale che non può essere ignorato, sollevando interrogativi sulla trasparenza e sull’integrità in ambito sindacale.

Il dibattito non si limita a Ceravolo. Anzi, si espande a tutta la struttura. Chi garantisce che esistano misure di prevenzione efficaci contro tali infiltrazioni? La questione è delicata e complessa, ma il tempo stringe. È necessaria maggiore vigilanza e un rinnovato impegno per garantire la tutela non solo dei diritti dei lavoratori, ma fermamente anche la separazione dal crimine, per costruire un ambiente di lavoro sano e legittimo.

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