Il tribunale di Crotone decide sull’istanza di arresti domiciliari per l’attivista curda Maysoon Majidi

Il Tribunale di Crotone deve decidere sulla richiesta di arresti domiciliari per l’attivista curda Maysoon Majidi, accusata di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, con opposizione del pubblico ministero.
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Il tribunale di Crotone decide sull'istanza di arresti domiciliari per l'attivista curda Maysoon Majidi - Gaeta.it

Il Tribunale di Crotone si sta preparando a prendere una decisione cruciale riguardo alla richiesta di arresti domiciliari per Maysoon Majidi, una giovane attivista curda iraniana di 28 anni. Arrestata il 31 dicembre scorso con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, la sua vicenda ha catturato l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica. La richiesta per la concessione degli arresti domiciliari, che prevede l’utilizzo di un braccialetto elettronico, è stata presentata dal suo avvocato, Giancarlo Liberati. Il pubblico ministero, invece, ha opposto un parere negativo, accentuando la tensione di questo caso che si è trasformato in oggetto di dibattito pubblico.

La richiesta di arresti domiciliari

Nell’ambito del procedimento legale in corso, il difensore di Maysoon Majidi ha avanzato un’istanza per la sua liberazione in forma di arresti domiciliari. Secondo Liberati, la situazione dell’attivista, coinvolta in attività a favore dei diritti delle donne, richiede un’attenzione particolare e una rivalutazione delle condizioni di detenzione. L’istanza prevede che Majidi venga affidata a una struttura gestita dall’associazione “Sabir”, dove potrebbe ricevere supporto e adeguata assistenza. Tuttavia, la richiesta è stata accolta con scetticismo dal pubblico ministero Maria Rosaria Multari, che ha evidenziato vari fattori di rischio legati alla concessione di tale misura.

Le obiezioni del pubblico ministero

Il magistrato Maria Rosaria Multari ha contestato la possibilità di concedere gli arresti domiciliari all’attivista, citando diversi motivi a sostegno della sua posizione. In particolare, il pubblico ministero ha sottolineato il contesto mediatico che ha caratterizzato questo caso, suggerendo che ciò ha creato un ambiente di “condizionamento esterno” e di “inquinamento probatorio”. Multari ha anche omesso di identificare due testimoni chiave nel processo, che, secondo quanto riportato, avrebbero rilasciato dichiarazioni a favore dell’accusa ma non sono stati reperibili dalle autorità italiane. L’allusione è chiara: la disponibilità di questi testimoni potrebbe influenzare l’integrità delle prove presentate in aula.

L’accusa ha dunque espresso preoccupazione per il rischio di fuga di Majidi, suggerendo che potrebbero esserci possibilità di collusione con ambienti esterni che ostacolerebbero il corretto svolgimento del processo. Tali circostanze hanno portato il pubblico ministero a richiedere il rigetto dell’istanza di arresti domiciliari, mantenendo Majidi in detenzione fino alla conclusione del procedimento legale.

La posizione della difesa e le testimonianze contestate

L’avvocato Giancarlo Liberati ha risposto alle obiezioni del pubblico ministero, presentando una richiesta di non ammissibilità delle testimonianze di due migranti che hanno accusato Maysoon Majidi. Secondo la difesa, non vi sarebbe stata alcuna situazione di imprevedibilità riguardo all’allontanamento dei migranti. Liberati ha richiamato l’attenzione sul fatto che, come riportato dallo stesso pubblico ministero, 77 migranti si sono allontanati il 2 gennaio dopo aver ricevuto un decreto di espulsione. La difesa ritiene che il fatto sia indicativo della prevedibilità della loro fuga, così come la possibilità che le testimonianze non siano attendibili.

Inoltre, il legale ha sostenuto che la situazione dell’immigrazione clandestina e il ruolo di Majidi come attivista rendono necessaria una rivisitazione critica delle accuse mosse nei suoi confronti. La questione si presenta particolarmente complessa, in quanto il contesto politico e sociale da cui proviene l’attivista aggiunge ulteriori strati alla comprensione del caso e alle implicazioni legali che ne derivano.

Il Tribunale di Crotone si riserva di comunicare la propria decisione entro cinque giorni dalla suddetta udienza, e il responso rappresenterà un momento chiave tanto per il destino dell’attivista quanto per gli sviluppi futuri in materia di diritti delle donne e immigrazione clandestina in Italia.

Ultimo aggiornamento il 1 Ottobre 2024 da Marco Mintillo

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