Il volto oscuro del turismo: sfide e ineguaglianze nei paesi in via di sviluppo

Il volto oscuro del turismo: sfide e ineguaglianze nei paesi in via di sviluppo

Il turismo nei paesi in via di sviluppo genera ricchezze significative, ma i benefici sono mal distribuiti, alimentando disuguaglianze sociali ed economiche e lasciando le comunità locali in condizioni precarie.
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Il volto oscuro del turismo: sfide e ineguaglianze nei paesi in via di sviluppo - Gaeta.it

Il turismo viene spesso celebrato come un motore di crescita economica nei paesi in via di sviluppo, con promesse di prosperità e opportunità. Tuttavia, mentre il settore sembra prosperare, ci sono molteplici sfide e ineguaglianze che minacciano il benessere delle popolazioni locali. Ricerche evidenziano come, nonostante i numeri da record, i benefici tangibili siano spesso mal distribuiti, alimentando disuguaglianze sociali ed economiche.

L’ascesa del settore turistico e i suoi limiti

Nel 2024, il valore del turismo ha raggiunto un impressionante 11,1 trilioni di dollari, rappresentando circa il 10% del PIL globale e offrendo occupazione a circa 348 milioni di persone. Tuttavia, nei paesi a basso reddito, questa apparente ricchezza si concentra nelle mani di pochi. Le grandi catene alberghiere, compagnie di crociera e tour operator dominano il mercato, relegando le comunità locali a ruoli marginali, con salari bassi e condizioni precarie. In molti casi, il turismo genera posti di lavoro che non offrono sicurezza economicadiritti lavorativi.

Un esempio lampante è dato dai Caraibi, dove in alcuni paesi come le Bahamas e Antigua e Barbuda, il turismo costituisce il 50% del PIL. Tuttavia, un’incredibile fetta dell’80% dei profitti generati da questo settore finisce nelle tasche di investitori esteri, lasciando alle comunità locali poco più che lavori mal pagati e atipici. L’adesione a modelli di sviluppo che privilegiano gli investimenti stranieri porta al rischio di una crescita che non porta reale beneficio alle popolazioni locali.

Le condizioni di lavoro nei paesi a basso reddito

Nel 2023, la Thailandia ha registrato un giro d’affari turistico di oltre 100 miliardi di dollari, ma la proprietà delle strutture alberghiere è in gran parte in mano a investitori stranieri. Questo ha generato un mercato del lavoro informale, dove i lavoratori locali sono frequentemente privi di diritti contrattuali e costretti a vivere con stipendi miseri, spesso inferiori ai 5 dollari al giorno. Lavorare nel settore turistico in queste nazioni si traduce, per molti, in speranze infrante e in una vita segnata da precarietà.

Nei paesi dell’Africa orientale, come Kenya e Tanzania, il settore turistico occupa circa il 15% della forza lavoro. Purtroppo, i salari sono scandalosamente bassi e le condizioni lavorative fatiscenti. Le donne, in particolare, affrontano una doppia sfida; spesso sono le più vulnerabili e soggette a molestie o a sfruttamento nel mondo dell’ospitalità. La mancanza di tutele e la precarietà rendono il panorama lavorativo ancora più critico.

La stagionalità e l’instabilità economica

Uno dei problemi principali del turismo è la sua naturale stagionalità, che causa fluttuazioni nelle opportunità lavorative. In molte località costiere e tropicali, il settore opera a pieno regime solo per alcuni mesi all’anno. Questa condizione porta a periodi di inattività che possono durare per mesi, costringendo i lavoratori a vivere in un’eterna incertezza.

In Indonesia, la stagione turistica a Bali si concentra da giugno a settembre. Fuori da questi mesi, molti lavoratori si trovano senza occupazione e senza protezioni sociali. Situazioni simili si registrano in Messico, dove più del 9% del PIL proviene dal turismo. Durante la bassa stagione nella Riviera Maya, oltre il 30% dei lavoratori è privo di un’occupazione, costringendoli a migrare o a cercare lavori informali.

Il turismo e l’impatto sulle economie locali

Nonostante l’afflusso di turisti, il settore ha effetti devastanti sulle economie locali. I prezzi reali degli immobili nelle aree ad alta affluenza turistica schizzano alle stelle, rendendo difficoltoso per i residenti locali accedere a preventivi per affitti o acquisti di case.

A Zanzibar, la speculazione immobiliare è aumentata notevolmente e i costi degli affitti sono lievitati del 300% negli ultimi dieci anni. Questo fenomeno è letale per la maggior parte della popolazione locale, che vive con meno di 3 dollari al giorno. Analogamente, in Cambogia, l’espansione turistica ha portato all’espropriazione delle terre agricole intorno a Siem Reap, costringendo le famiglie a perdere i mezzi di sussistenza.

Divergenza e alternative sostenibili

Per opporsi a questa dipendenza dal turismo, economisti e studi recenti pongono l’accento sulla necessità di diversificare le economie locali. Investimenti in agricoltura, tecniche di coltivazione sostenibili e protezioni contro gli speculatori potrebbero garantire sicurezza e opportunità stabili. Il Ruanda, ad esempio, ha saputo ridurre la propria dipendenza dal turismo attraverso lo sviluppo dell’agroindustria, riscontrando un aumento significativo nei redditi agricoli.

Allo stesso modo, il Vietnam ha affermato la propria resilienza attraverso l’industria manifatturiera, superando i guadagni del turismo attraverso un solido settore tessile e tecnologico. In contesti come quello del Bhutan, la promozione di un turismo “ad alto valore e basso impatto”, regolato attraverso tasse sui visitatori e limiti di accesso, ha portato benefici diretti alle comunità locali.

Le risorse generate dal turismo possono rivelarsi preziose, ma non dovrebbero rappresentare il solo pilastro delle strategie di sviluppo in paesi vulnerabili. Una gestione equa e una regolamentazione adeguata sono essenziali perchè i profitti del turismo si traducano in un vero sviluppo per le popolazioni locali. Se la situazione non viene affrontata con urgenza, le aziende turistiche continueranno ad arricchirsi a scapito di milioni di lavoratori bloccati in un ciclo di miseria.

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