Il caro energia ha preso il centro della scena per le aziende italiane, che vedono nel recente decreto sul costo dell’energia più difficoltà che soluzioni. Nonostante le intenzioni della presidente del consiglio, Giorgia Meloni, il testo approvato non soddisfa le richieste delle imprese. Le associazioni di categoria, guidate da Confindustria, chiedono un confronto urgente a Palazzo Chigi per mettere a punto strategie concrete. Il mondo industriale fatica a reggere la pressione dei prezzi energetici, che aggravano uno svantaggio competitivo già pesante sul piano internazionale.
La misura sulla compensazione dei costi indiretti ets non basta a sostenere le imprese
Nel decreto bollette, la principale voce dedicata alle imprese riguarda la compensazione dei costi indiretti ETS, finanziata per 600 milioni. Questa misura era già presente nella legge di bilancio e il suo ritardo nella concreta applicazione la rende oggi un’irritazione più che un aiuto. Aurelio Regina, delegato energia di Confindustria, ricorda che si tratta di un intervento europeo già attivo in altri paesi del continente e che l’Italia si era invece dimostrata in ritardo.
Un contributo limitato per alcune attività industriali
Il problema però non si ferma qui. Quel contributo copre solo alcune attività industriali e non tocca le necessità di molte altre imprese. Il decreto manca di ammortizzatori per le realtà più esposte al consumo energetico. Per settori come quello tessile di Prato o l’automotive in Lombardia, la misura non porta sollievo, anche se si tratta di poli produttivi vitali per l’export e quindi per l’intera economia italiana. Per ora il decreto appare come una risposta parziale e insufficiente alle pressioni sui costi.
La proposta di estendere la norma sugli oneri di sistema ignorata dal parlamento
Tra le soluzioni avanzate da Confindustria, una delle più significative riguardava l’estensione dell’esenzione dagli oneri di sistema alle imprese che utilizzano energia in media tensione. Attualmente questo beneficio vale solo per le utenze in bassa tensione, come piccoli negozi. Se fossi stata accolta questa proposta, ci sarebbero stati benefici diretti per molte piccole e medie imprese distribuite nelle varie regioni italiane.
Quello che si sarebbe potuto evitare è il gravame eccessivo sulle bollette di distretti importanti, noti per il made in Italy, che oggi faticano a competere con aziende europee, statunitensi o cinesi. La mancanza di attenzione a questa esigenza rende la situazione più critica, perché proprio il costo dell’energia incide pesantemente sui margini di queste attività. Le imprese in media tensione riscontrano uno spread energetico superiore al 35% rispetto ad altri paesi, una soglia che per alcuni settori supera il 80%. Senza adeguamenti normativi, la pressione sul settore produttivo italiano rischia di allargarsi ancora.
Le misure del decreto bollette e le mancate risposte alle richieste delle imprese
Il decreto che il senato ha approvato in via definitiva – con 99 voti favorevoli, 62 contrari e un astenuto – prevede un pacchetto da 3 miliardi di euro. Tra le misure principali figurano un contributo straordinario da 200 euro per famiglie con Isee basso, il rafforzamento delle tutele per clienti vulnerabili, la fine del click day e l’introduzione dello sconto in fattura per gli elettrodomestici.
Non mancano però le critiche, soprattutto sul fatto che nessuna proposta a costo zero avanzata da Confindustria sia stata accolta. Tra queste c’è l’idea di semplificare le autorizzazioni per la produzione di energia rinnovabile destinata all’autoconsumo nelle aree industriali. Un passo pensato per abbattere una parte della dipendenza dall’esterno e alleggerire i costi.
Altre richieste ignorate riguardano la possibilità di eliminare il differenziale tra il prezzo del gas italiano e quello del centro-nord Europa, che avrebbe abbattuto i costi di oltre un miliardo di euro l’anno. È rimasta senza risposta anche la proposta di una release di gas e biometano destinata ad abbassare il costo del gas per le imprese italiane per tre anni, senza aggravi sul bilancio pubblico o sulle bollette dei consumatori.
Pacchetto da 3 miliardi e misure per famiglie e imprese
Le ripercussioni del caro energia sulle imprese italiane e il pericolo sui distretti industriali
I dati parlano chiaro e mostrano che il caro energia è tra le cause principali di crisi per molte aziende italiane. L’elevato costo pesa su una bolletta complessiva che supera i 20 miliardi di euro all’anno per il settore industriale. Questa cifra segna una discrepanza notevole rispetto ad altri mercati, che si traduce in perdita di competitività.
Le imprese italiane esportano beni per circa 626 miliardi di euro e sono il motore dell’economia nazionale. Senza una riduzione del peso energetico, molte realtà rischiano di compromettere la capacità produttiva, in un momento segnato anche dalle tensioni internazionali e dalla guerra dei dazi che limita i mercati di sbocco. Il rischio è che lo svantaggio competitivo si traduca in chiusure e licenziamenti, con conseguenze dirette sul tessuto sociale e industriale del paese.