Un nuovo film debutta nelle sale italiane il 24 aprile con Bim, portando sul grande schermo la storia di una famiglia complicata e autentica. “In viaggio con mio figlio”, diretto da Tony Goldwyn, si concentra sull’esperienza di un padre, suo figlio e il nonno, uniti da un legame profondo ma segnato dalla sfida quotidiana dell’autismo. Il racconto evita stereotipi e scenari retorici, offrendo un ritratto umano e intenso.
trama e personaggi principali
Il film segue Max, un padre separato interpretato da Bobby Cannavale, che si occupa di suo figlio di undici anni, Ezra, affetto da disturbo dello spettro autistico. Il ruolo di Ezra è affidato a William A. Fitzgerald, un giovane attore che nella realtà convive con la stessa condizione del personaggio, conferendo al film una forte dose di realismo. Max convive con il padre Stan, interpretato da Robert De Niro, un ex cuoco energico e presente, con cui mantiene un buon rapporto. Dopo la separazione dalla moglie Jenna , Max ha cambiato vita, abbandonando il lavoro precedente per diventare un comico stand-up, supportato dalla sua agente .
La storia prende una piega delicata quando Ezra viene espulso dalla scuola. La madre, Jenna, vorrebbe affidarlo a un istituto specializzato con altri ragazzi che condividono la sua stessa diagnosi. Max, invece, rifiuta questa soluzione, preferendo un percorso che permetta al figlio di integrarsi più naturalmente. Questa frattura di opinioni rappresenta il cuore dei dissapori familiari, mentre il figlio lotta per trovare il posto suo nel mondo.
alcune dinamiche familiari importanti
La narrazione mette in luce come le differenze di vedute tra Max e Jenna non siano semplici, ma riflettano le molteplici sfide che affrontano genitori di bambini con bisogni speciali.
le tensioni familiari e la fuga che cambia tutto
La situazione si complica quando Ezra, in una sera difficile, scappa di casa e viene investito da un’auto. Questo evento tragico fa crescere la pressione sui genitori che devono scegliere cosa fare per il futuro di Ezra. L’ipotesi di un istituto specializzato torna d’attualità, ma Max non riesce ad accettare l’idea che suo figlio venga costretto a prendere farmaci e a essere chiuso in una struttura.
Decide quindi di fuggire con lui, un gesto estremo ma carico di significato. Durante questa fuga, il rapporto tra padre e figlio si trasforma: nasce un legame di solidarietà e comprensione che accompagna entrambi nella difficoltà. La presenza di Stan, il nonno, si rivela fondamentale in questo percorso. Si ritrova a riflettere sul proprio ruolo di padre, a capire quanto la dedizione del figlio verso il nipote possa cambiare la percezione familiare e l’aiuto che può offrire.
un momento di svolta nel racconto
La fuga diventa simbolo di resistenza e amore, segnando una nuova fase nella relazione tra i protagonisti.
un family drama che evita la retorica
“In viaggio con mio figlio” si inserisce nel filone dei family drama, ma sceglie una strada diversa da quella semplice del melodramma sentimentale. Non cede alla retorica facile, ma punta a mostrare la complessità di tre generazioni con le loro tensioni, paure e speranze. Il regista Tony Goldwyn costruisce una narrazione che mette in risalto i piccoli gesti di cura e impegno quotidiano, senza esagerare nella commozione.
Il modo in cui il film affronta la tematica dell’autismo risulta rispettoso e concreto. Non si limita a descrivere i problemi, ma mette in luce la possibilità di una relazione intensa e autentica tra padre e figlio, e anche tra nonno e nipote. La scelta di avere un attore realmente autistico conferisce spessore e un tono vero alla vicenda. La sceneggiatura evita semplificazioni e porta lo spettatore dentro una storia difficile ma mai disperata.
un approccio narrativo consapevole
Il racconto privilegia l’autenticità rispetto alla semplice commozione, mettendo in evidenza le sfumature di ogni personaggio.
tra cinema e realtà: la rappresentazione dell’autismo
La presenza sullo schermo di William A. Fitzgerald, giovane attore con disturbo dello spettro autistico, rende il film un punto di riferimento importante per la rappresentazione di questa condizione neurologica. A differenza di molte produzioni che si affidano a interpreti senza esperienza diretta, questo casting garantisce un’apertura verso una narrazione più genuina e meno stereotipata.
Il film mostra le difficoltà di una famiglia reale, con limiti e contraddizioni, ma anche la volontà di trovare un equilibrio nonostante tutto. Il confronto tra Max e Jenna sottolinea quante strade diverse possono esserci tra i genitori nel tentativo di prendersi cura di un bambino con bisogni speciali. I dialoghi e le situazioni raffigurano lucidamente il disagio e l’amore che si intrecciano quotidianamente intorno a Ezra.
una narrazione inclusiva e veritiera
La scelta del casting si dimostra fondamentale per conferire autenticità al racconto di una realtà spesso fraintesa.
il ruolo del nonno e il legame intergenerazionale
Stan, interpretato da Robert De Niro, è molto più di un semplice personaggio secondario. È la figura che attraversa la storia con energia e voglia di partecipare alla vita della famiglia. Ex cuoco, mantiene un atteggiamento pratico ma affettuoso. La sua presenza offre al film una dimensione più ricca, perché si apre al confronto con il suo ruolo di padre verso Max e di nonno verso Ezra.
Nel corso del film, Stan rivede il proprio modo di intendere la famiglia e la paternità. L’emergere delle fragilità di suo nipote e la determinazione del figlio verso il ragazzo lo spingono a essere più partecipe. Questo confronto generazionale arricchisce il racconto. Mette in evidenza come i legami di sangue non siano sempre facili, ma possano fornire anelli di sostegno nei momenti più difficili.
un personaggio chiave per il racconto familiare
La figura di Stan rappresenta la continuità e il supporto tra le generazioni, con un ruolo centrale nella dinamica familiare.