Incontro trilaterale ad Abu Dhabi: Stati Uniti, Israele e Emirati Arabi Uniti discutono il futuro di Gaza

Incontro trilaterale ad Abu Dhabi: Stati Uniti, Israele e Emirati Arabi Uniti discutono il futuro di Gaza

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Incontro trilaterale ad Abu Dhabi: Stati Uniti, Israele e Emirati Arabi Uniti discutono il futuro di Gaza - Gaeta.it

La situazione a Gaza continua a essere al centro delle discussioni diplomatiche internazionali. Recentemente, la piattaforma statunitense “Axios” ha riportato che si è tenuto un incontro a tre tra funzionari di Stati Uniti, Israele ed Emirati Arabi Uniti ad Abu Dhabi. Questi colloqui si sono concentrati sulla pianificazione del “giorno dopo” la guerra a Gaza, con particolare attenzione all’eventuale assetto politico e sociale della regione.

Un piano per la governance di Gaza

Gli obiettivi del summit

Il fulcro dell’incontro trilaterale è stato la creazione di un piano credibile per governare Gaza dopo il conflitto. Questo obiettivo è particolarmente cruciale dato che la situazione attuale è caratterizzata da una profonda crisi umanitaria e instabilità politica. Il ministro degli Emirati Arabi Uniti, Abdullah bin Zayed, ha svolto un ruolo fondamentale come ospite dell’incontro, accogliendo in sua sede le delegazioni coinvolte.

Da parte americana, i presenti includevano Brett McGurk, il consigliere per il Medio Oriente del presidente Biden, insieme a Tom Sullivan, funzionario del Dipartimento di Stato. Dall’altra parte, Israele era rappresentato da Ron Dermer, attualmente ministro degli Affari Strategici e alleato stretto del primo ministro Netanyahu. Questi elementi testimoniano l’importanza strategica che i protagonisti assegnano alla discussione su Gaza.

Le proposte formulate dagli Emirati Arabi Uniti

Un giorno prima dell’incontro, gli Emirati Arabi Uniti hanno reso note delle proposte postbelliche sulla stampa locale, articolate da Nusseibeh, un rappresentante governativo. Le proposte includono l’implementazione di una missione internazionale temporanea a Gaza, necessaria per affrontare immediatamente la crisi umanitaria attuale. Nusseibeh ha sottolineato che tale missione avrebbe il compito di ristabilire ordine e legge, avviando un processo che possa gettare le basi per una governance stabile.

Le condizioni per il dispiegamento di questa forza includono un invito ufficiale da parte dell’Autorità Palestinese, la quale dovrebbe avviare riforme sostanziali sotto la guida di un nuovo primo ministro con piena autorità. Inoltre, il piano implica che il governo israeliano permetta all’Autorità Palestinese di svolgere un ruolo centrale nella gestione di Gaza, promuovendo un processo politico che rispetti le basi di una soluzione a due Stati, sotto la supervisione degli Stati Uniti.

La reazione di Israele e degli Stati Uniti

L’atteggiamento di Netanyahu

Le proposte degli Emirati Arabi Uniti non hanno ricevuto un’accoglienza favorevole. Secondo rapporti della stampa degli EAU, funzionari israeliani hanno rivelato che, nonostante le resistenze iniziali, Netanyahu ha mostrato una certa apertura nelle conversazioni private riguardo a scadenze e modalità di un potenziale accordo. Ciò segna un cambiamento significativo rispetto al passato, quando il primo ministro aveva criticato e bloccato piani simili, come quello elaborato da Gallant.

Un funzionario israeliano ha affermato che Netanyahu ha recentemente riadattato il piano di Gallant, traducendolo in inglese e presentandolo a Dermer come una nuova proposta personale durante i colloqui con gli Emirati e i funzionari americani. Questo rivela un tentativo dell’attuale governo di rimanere attivo nel presente dibattito geopolitico e di mostrare una maggiore flessibilità per ottenere risultati favorevoli.

L’importanza della cooperazione trilaterale

La cooperazione tra Stati Uniti, Israele ed Emirati Arabi Uniti assume una dimensione fondamentale in questo scenario complesso. La considerazione di un piano realistico per Gaza rappresenta la necessità di gestire le conseguenze dirette di un conflitto che ha devastato la regione. La speranza è che, attraverso un dialogo aperto e fruttuoso, si possano stabilire meccanismi di governance efficaci e durevoli, capaci di affrontare una delle crisi più gravi del Medio Oriente contemporaneo.

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