Indagine dei Carabinieri contro il clan Di Silvio: operazione "Nico"

Indagine dei Carabinieri contro il clan Di Silvio: operazione “Nico”

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Indagine dei Carabinieri contro il clan Di Silvio: operazione "Nico" - Gaeta.it

L’attività investigativa

Una dettagliata attività d’indagine dei Carabinieri del Comando provinciale di Latina ha portato alla luce gli affari nel traffico di droga gestiti da una delle famiglie del clan Di Silvio. Coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, questa indagine ha svelato le operazioni di un nutrito gruppo di fratelli, figli e nipoti, principalmente donne. Nonostante fossero finora rimasti al di fuori delle grandi inchieste, la famiglia Di Silvio si è dimostrata altrettanto attiva e pericolosa dei suoi predecessori.

Operazione “Nico”

L’operazione “Nico”, condotta all’alba di ieri, ha portato all’esecuzione di un’ordinanza che prevede misure cautelari per undici indagati. Otto di loro sono stati portati dietro le sbarre, mentre tre sono stati obbligati a non dimorare nella provincia di Latina. Allontanandosi dalle violenze che caratterizzavano gli altri rami della famiglia, i membri coinvolti in questa nuova inchiesta avevano creato una redditizia piazza di spaccio sempre attiva tra i quartieri Campo Boario e Nicolosi. Gli inquirenti hanno rilevato l’esistenza di un’associazione specializzata nel traffico di droga, dove le donne giocavano un ruolo di primaria importanza affiancando i loro mariti.

Il ruolo di Ferdinando e Antonio

Il nucleo centrale del sodalizio ruotava attorno a Ferdinando, detto Macciò, di 46 anni. Era responsabile soprattutto delle forniture di droga, posizionato dagli investigatori in una posizione di vertice all’interno dell’associazione. Il fratello di Ferdinando, Antonio, detto Cavallo, di 58 anni, gestiva una delle piazze di spaccio più attive nel quartiere Nicolosi. Entrambi sono figli di Carmine, detto Lallo, estraneo all’indagine, membro anziano del clan di Campo Boario, e fratello dei capostipiti degli altri rami familiari. Macciò e Cavallo potevano contare su un vasto sostegno familiare, soprattutto di donne, con ruoli cruciali come la custodia della droga e la sorveglianza.

Le dichiarazioni di Carmine detto Belvo

Un elemento chiave che ha scatenato l’inchiesta è stato Carmine, detto Belvo, di 34 anni, figlio di Antonio Cavallo. In conflitto con i parenti, Carmine ha rivelato dettagli sui ruoli all’interno del traffico di droga, senza però intraprendere una vera collaborazione con la giustizia. Le sue testimonianze sono state affiancate da quelle della moglie Shara Grifo e della cognata Clarissa Caiola. Queste dichiarazioni si sono integrate con quelle precedenti dei collaboratori di giustizia Renato Pugliese e Agostino Riccardo, ex affiliati a un’altra famiglia del clan, e di Maurizio Zuppardo. Un’attività di indagine serrata è stata condotta dal Nucleo Investigativo diretto dal tenente colonnello Antonio De Lise, insieme ai militari della Sezione Operativa della Compagnia di Latina guidati dal maggiore Paolo Perrone. In dieci mesi, gli inquirenti hanno raccolto prove documentali dell’attività di spaccio utilizzando telecamere, intercettazioni e appostamenti.

Approfondimenti

    Il testo è incentrato sull’attività investigativa condotta dai Carabinieri del Comando provinciale di Latina che ha portato all’individuazione degli affari nel traffico di droga gestiti da una famiglia del clan Di Silvio.

    Famiglia Di Silvio: Il clan Di Silvio è una famiglia che si è rivelata attiva nel traffico di droga, con particolare presenza di fratelli, figli e nipoti, soprattutto donne. Nonostante non fossero stati coinvolti in grandi inchieste fino a quel momento, hanno dimostrato di essere altrettanto attivi e pericolosi dei loro predecessori.

    Operazione “Nico”: L’operazione condotta ha portato all’esecuzione di misure cautelari per undici indagati, con otto di loro finiti in carcere. Si è scoperta l’esistenza di una redditizia piazza di spaccio attiva tra i quartieri Campo Boario e Nicolosi, gestita da membri che, diversamente dagli altri rami della famiglia, avevano evitato violenze e si erano specializzati nel traffico di droga.

    Ferdinando e Antonio: I due protagonisti principali dell’organizzazione criminale erano Ferdinando detto Macciò, e suo fratello Antonio detto Cavallo. Ferdinando era responsabile delle forniture di droga e considerato un vertice all’interno dell’associazione, mentre Antonio gestiva una delle piazze di spaccio più attive nel quartiere Nicolosi. Entrambi avevano un vasto sostegno familiare, soprattutto da parte delle donne.

    Carmine detto Belvo: Un elemento fondamentale per lo scatenarsi dell’inchiesta è stato Carmine detto Belvo, che ha rivelato dettagli sui ruoli all’interno del traffico di droga, pur non diventando un collaboratore di giustizia effettivo. Le sue dichiarazioni sono state integrate con quelle di altre persone, come la moglie Shara Grifo e la cognata Clarissa Caiola, oltre a precedenti collaboratori di giustizia e individui come Renato Pugliese, Agostino Riccardo e Maurizio Zuppardo.

    Nucleo Investigativo e Sezione Operativa: L’indagine è stata condotta dal Nucleo Investigativo diretto dal tenente colonnello Antonio De Lise insieme ai militari della Sezione Operativa della Compagnia di Latina guidati dal maggiore Paolo Perrone. In dieci mesi di attività investigativa sono state raccolte prove documentali dell’attività di spaccio attraverso telecamere, intercettazioni e appostamenti.

    L’operazione ha dimostrato l’importanza della collaborazione tra varie entità investigative e l’importanza di individui chiave che possono contribuire a smantellare organizzazioni criminali.

Ultimo aggiornamento il 19 Giugno 2024 da Armando Proietti

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