L’attualità sarda torna a esprimersi attraverso un’azione di protesta che coinvolge gruppi di indipendentisti e questioni relative alla terra. Bruno Bellomonte, 75 anni, e Mario Sanna, 77 anni, sono stati chiamati a difendersi in tribunale per un atto che considera un richiamo all’attenzione su temi cruciali per la Sardegna. La vicenda risale all’aprile 2018, quando un gruppo di attivisti ha dipinto la scritta “Sa terra sarda a su populu sardo” su un muro della tenuta di Surigheddu, lasciata a morire da anni.
Il contesto della protesta: la tenuta di Surigheddu
Surigheddu è una tenuta di grande valore agricolo, situata nelle campagne di Alghero. Questo luogo, trascorso in stato di abbandono, si estende per circa 1.200 ettari ed è considerato uno dei patrimoni agricoli dell’isola. La protesta si è articolata attorno alla sensibilità verso il potenziale di queste terre, che potrebbero essere restituite agli agricoltori sardi. Bellomonte e Sanna, entrambi membri di un gruppo di indipendentisti, hanno voluto attrarre l’attenzione su un tema che tiene banco nella comunità locale: l’assegnazione delle terre ai proprietari in grado di valorizzarle e farle rivivere economicamente.
Il gruppo ha scelto un’azione di “imbrattamento”, che, secondo le loro parole, non voleva essere un atto vandalico, ma una forma artistica di riappropriazione e abbellimento di uno spazio altrimenti ignorato. La controversia che ha attorno a questa azione d’intenti molto chiari è ora al centro di un procedimento legale che sta attirando l’attenzione di molte associazioni locali.
Il processo: accuse e difesa
Il procedimento si è aperto presso il tribunale di Sassari, dove i due sono accusati di imbrattamento. Entrambi gli imputati sono difesi dall’avvocata Giulia Lai, che ha messo in evidenza le motivazioni dietro l’azione. Durante l’udienza, Bellomonte ha esposto le ragioni che lo hanno spinto a compiere quel gesto. Ha fatto notare che lo stato della tenuta era tale da rendere necessario un intervento per sensibilizzare l’opinione pubblica sul deterioramento delle terre sarde e sull’importanza dell’agricoltura per l’economia locale.
Il 17 giugno si svolgerà la discussione finale che potrebbe segnare una tappa decisiva per la vicenda. Entrambi gli imputati rischiano fino a un anno di condanna. La tensione mediata tra la legge e il sentimento di appartenenza alla propria terra ha portato attenzione su questioni che vanno oltre il semplice atto vandalico: sono in gioco le radici, l’identità e la possibilità di un futuro agricolo per la Sardegna.
Solidarietà e movimenti locali
L’Associazione Libertade ha fatto sentire la propria voce in solidarietà ai due imputati, ponendo l’accento sull’importanza delle terre abbandonate e sulla necessità di restituirle alla comunità. Questo supporto mette in evidenza come l’azione di Bellomonte e Sanna non sia isolata, ma faccia parte di un movimento più ampio che rivendica il diritto del popolo sardo a prendersi cura delle proprie risorse.
L’attenzione del pubblico è alta rispetto al processo, che chiama in causa non solo la legalità degli atti compiuti, ma anche il riconoscimento di un’identità e di una lotta che affonda le radici nella storia e nella cultura dell’isola. In questo clima, l’alleanza tra le varie realtà locali e le associazioni attive sul territorio si fa sempre più evidente, portando avanti istanze di giustizia sociale e di attenzione ad una Sardegna che vuole tornare a crescere attraverso la propria agricoltura. La questione delle terre di Surigheddu rappresenta solo uno dei tanti aspetti di una lotta più ampia per la salvaguardia delle risorse agrarie sarde.