A L’Aquila, si è recentemente svolto un intervento medico che segna un notevole passo avanti nella chirurgia ortopedica. Un’intervento che ha visto come protagonista una donna di 78 anni, alla quale è stata impiantata una protesi personalizzata realizzata con tecnologia 3D. Questa operazione è avvenuta a seguito della ‘polverizzazione’ di una protesi d’anca precedentemente impiantata, risalente a oltre vent’anni fa. Grazie a questo innovativo approccio, la paziente ha iniziato il recupero della mobilità solo pochi giorni dopo l’operazione, seguendo un programma di riabilitazione.
La complessità dell’intervento
L’operazione eseguita dal professor Giandomenico Logroscino, direttore del reparto di Chirurgia Ortopedica Mininvasiva e Computer Assistita dell’ospedale di L’Aquila, ha richiesto un know-how altamente specializzato. La paziente in questione aveva subito una progressiva erosione delle ossa del bacino a causa dell’usura della protesi d’anca impiantata nel 2000. L’approccio tradizionale non ha portato a risultati adeguati, rendendo necessaria la valutazione di soluzioni personalizzate per affrontare il caso specifico.
La sfida dei chirurghi è stata quella di trovare una protesi che si adattasse perfettamente alla situazione anatomica della paziente. Così, grazie a un team composto da ingegneri biomedici e chirurghi, è stato possibile realizzare un progetto dettagliato per una protesi su misura, usando software di simulazione che hanno permesso di definire la forma e la dimensione di ogni parte dell’impianto. Questo passo è essenziale, poiché ogni paziente presenta caratteristiche diverse che richiedono soluzioni specifiche.
L’utilizzo della tecnologia 3D
La realizzazione della protesi è stata condotta con l’ausilio della tecnologia di stampa 3D, utilizzando titanio trabecolato, un materiale particolarmente adatto per le applicazioni ortopediche. Questo tipo di tecnologia offre vantaggi significativi in termini di precisione e personalizzazione rispetto ai metodi tradizionali di fabbricazione delle protesi.
In sala operatoria, il team ha creato modelli tridimensionali in plastica del bacino della paziente e della protesi stessa. Questo passaggio ha permesso di effettuare delle prove preliminari e ottimizzare l’operazione, garantendo una maggiore sicurezza e un’impianto preciso. Per completare la ricostruzione, sono stati utilizzati innesti ossei provenienti da una banca dell’osso, necessaria per garantire un sostegno adeguato alla nuova protesi.
I risultati e il futuro della chirurgia ortopedica
L’intervento, che ha avuto una durata di circa tre ore, si è svolto senza complicazioni. La paziente ha iniziato un percorso di riabilitazione intensiva pochi giorni dopo l’operazione, mostrando segni di miglioramento e progressivo recupero della capacità di deambulazione. Gli esperti si aspettano che, nel giro di 2-3 mesi, la 78enne possa riprendere una vita normale e partecipare alle attività quotidiane.
Questo caso rappresenta un esempio del potenziale della tecnologia nella medicina moderna. Il professor Logroscino ha sottolineato l’importanza della disponibilità di interventi così avanzati, resi possibili grazie all’impegno del manager della ASL, prof. Ferdinando Romano, che ha posto attenzione sull’introduzione di nuove tecnologie e approcci innovativi. Grazie a simili operazioni, l’ospedale San Salvatore di L’Aquila si sta affermando come un centro di eccellenza nella chirurgia ortopedica, attirando pazienti anche da altre regioni e contribuendo a ridurre il numero di trasferimenti verso strutture ospedaliere esterne.
Ultimo aggiornamento il 11 Dicembre 2024 da Armando Proietti