La carcassa di una balenottera di 13 metri è stata inabissata ieri nel golfo di Trieste, dopo un lungo intervento di recupero avvenuto al largo di Porto San Rocco, a Muggia. Il ritrovamento, avvenuto venerdì, ha sollevato interrogativi sulle cause della morte del cetaceo, che sarà oggetto di ulteriori analisi per determinare le ragioni del decesso.
Il recupero della balenottera: un’operazione complessa
L’attività dei sommozzatori
Il recupero della balenottera, esemplare di 13 metri appartenente alla specie delle balenottere comuni, ha richiesto l’intervento di un’équipe di sommozzatori esperti, data la difficoltà di disincagliare il cetaceo dal suo stato di affondamento. L’operazione ha comportato non solo la necessità di rimuovere la carcassa, ma anche di garantire la sicurezza degli operatori e la protezione dell’ambiente marino circostante.
I sommozzatori hanno dovuto operare sotto condizioni non sempre favorevoli, dovendo prestare attenzione alle correnti ed alle condizioni marine del golfo di Trieste. Il lavoro di recupero è stato seguito da professionisti dell’Area marina protetta di Miramare, che hanno fornito supporto tecnico e scientifico. La rimozione della carcassa ha avuto come obiettivo principale non solo quello di liberare l’area portuale, ma anche di evitare potenziali effetti negativi sull’ecosistema locale.
Scelta dell’inabissamento
Dopo un attento esame e valutazione, è stata presa la decisione di inabissare la balenottera nel golfo. Questa scelta nasce dalla volontà di non disturbare l’equilibrio dell’ecosistema e permettere alla carcassa di decomprimersi in modo naturale. Le carcasse di cetacei in decomposizione possono costituire un’importante fonte di nutrimento per numerosi organismi marini. L’inabissamento è, quindi, una pratica sostenibile che consente di valorizzare il contributo ecologico che l’animale offre all’ambiente.
La modalità di inabissamento segue protocolli precisi per garantire che l’operazione non crei danni aggiuntivi all’ambiente. Attualmente, la carcassa si trova in una zona monitorata dove la decomposizione sarà osservata da esperti e analizzata per eventuali effetti sull’ecosistema.
L’intento di ricerca: indagini sulle cause di morte
Monitoraggio del cetaceo
È emerso che la balenottera avesse un’età compresa tra i 2 e i 5 anni e presentasse entrambe le pinne. L’esame iniziale della carcassa ha rivelato la mancanza di segni di collisione, il che ha sollevato ipotesi sulla causa del decesso legate a una potenziale infezione. Il biologo marino Saul Ciriaco, dell’Area marina protetta di Miramare, ha commentato che, per gli esemplari rinvenuti nelle vicinanze di porti, è comune che la morte sia legata a infezioni preesistenti.
Ulteriori analisi al Cert di Padova
Per comprendere appieno le circostanze della morte del cetaceo, il Cert di Padova condurrà un’analisi approfondita sui campioni prelevati. Questo esame, che richiederà alcune settimane, è fondamentale per chiarire se la causa sia effettivamente da attribuirsi a un’infezione. I risultati delle analisi potrebbero non solo fornire chiarezza sul caso specifico, ma anche contribuire a una migliore comprensione delle problematiche di salute che colpiscono i cetacei nel Mediterraneo.
Queste indagini permettono di avviare un approccio più ampio per la salvaguardia della fauna marina e per lo sviluppo di strategie efficaci di conservazione, essenziali in un contesto ecologico spesso vulnerabile. La morte di cetacei, purtroppo, è un fenomeno non raro, e la corretta gestione dei casi ritrovati può rappresentare un’occasione importante per tutelare l’ambiente marino e sensibilizzare la popolazione su temi di grande rilevanza ecologica.