L’Europa si prepara a un incremento significativo delle spese per la difesa, con molte nazioni pronte a superare i tradizionali limiti di bilancio per far fronte alle nuove sfide geopolitiche. L’Italia, però, tiene prudenza sulla possibilità di attivare la clausola di flessibilità prevista dal piano europeo ReArm Europe/Readiness 2030. A frenare l’ipotesi è l’alto livello del debito pubblico, che pesa sulle decisioni del governo. La scelta emersa durante la presentazione del nuovo Documento di finanza pubblica conferma l’attenzione al mantenimento dell’equilibrio economico, nonostante le pressioni nate anche dall’amministrazione americana.
il governo italiano e la rinuncia alla clausola di flessibilità per le spese militari
Durante l’intervento parlamentare in cui è stato illustrato il Documento di finanza pubblica, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha chiarito la posizione del governo riguardo alla clausola di flessibilità UE per le spese militari. Pur essendo in vigore un invito europeo a incrementare i bilanci nella difesa, soprattutto allineandosi al 2% del Pil stabilito dagli accordi della Nato, l’Italia al momento preferisce non ricorrere a deroghe. Il ministro ha sottolineato che la priorità è attendere gli esiti del vertice Nato previsto per giugno 2025, momento in cui si valuteranno le mosse comuni da adottare. Solo dopo, ha spiegato, saranno decise eventuali scelte sulle risorse da destinare alla difesa.
l’avvertimento di giorgetti sulla gestione delle spese
Giorgetti ha anche ricordato di essere stato lui stesso a promuovere l’inserimento nella Costituzione della possibilità di uno scostamento di bilancio, ma ha avvertito che questa misura non deve diventare un facile espediente per aumentare le spese. Il ministro ha ribadito che prima di impegnare fondi aggiuntivi si deve sapere esattamente come e perché quei soldi vengono spesi. Questo approccio, ha definito, è dettato da un senso di responsabilità simile a quello di un “buon padre di famiglia”, che controlla con attenzione le voci di spesa pubblica. La gestione economica, quindi, continuerà a puntare su prudenza e controllo, almeno finché Giorgetti rimarrà a capo del ministero.
la posizione dell’Italia rispetto agli strumenti finanziari UE per la difesa
Oltre alla cautela sulla flessibilità di bilancio, il ministro Giorgetti si è mostrato scettico rispetto all’opportunità di ricorrere allo strumento finanziario Safe , creato dall’Unione Europea per mobilitare fino a 150 miliardi di euro destinati al rafforzamento delle capacità difensive comuni. Questo fondo raccoglie risorse sui mercati dei capitali e mira a facilitare investimenti urgenti, ma nelle parole del ministro non suscita interesse significativo tra i Paesi membri attuali.
Secondo Giorgetti, dunque, l’Europa dovrà trovare un’alternativa più valida rispetto al Safe, proprio per via delle diverse situazioni economiche e della poca attrattiva del fondo. È evidente che l’Italia valuta con attenzione ogni iniziativa che coinvolga nuovi debiti o spese extra, soprattutto con un debito pubblico ancora molto alto, e preferisce mantenere l’equilibrio economico e finanziario senza intraprendere passi rischiosi.
cautela e responsabilità nei rapporti con ue
Questa posizione sottolinea come la scelta italiana sia influenzata dal peso degli strumenti finanziari europei, che devono essere compatibili con le condizioni interne e i vincoli di bilancio nazionali.
gli obiettivi italiani per la spesa militare e l’attesa del vertice Nato 2025
Il piano italiano prevede, per il 2025, una spesa militare pari all’1,57% del Pil, un aumento di circa 0,3 punti rispetto al 2024. Questo valore resta però lontano dall’obiettivo del 2% stabilito dalla Nato come benchmark per gli alleati. La differenza in termini finanziari si aggira intorno a 10 miliardi di euro, una cifra significativa che il governo non intende raggiungere per ora impiegando le deroghe previste.
il vertice nato di L’Aia e le possibili revisioni
Il 24 giugno 2025 è fissato un incontro dei capi di Stato e di governo dei 32 membri Nato a L’Aia, dove si prevede una possibile revisione al rialzo della soglia da raggiungere, addirittura al 3,5%. La delegazione italiana, per il momento, rimane in osservazione in attesa di segnali più chiari su come muoversi. Qualsiasi passo avanti dovrà tenere conto delle condizioni interne, soprattutto legate alla sostenibilità del debito e alla pressione fiscale.
le preoccupazioni del parlamento e l’impatto della clausola di salvaguardia europea
Il dibattito parlamentare sul Documento di finanza pubblica ha coinvolto anche l’Ufficio parlamentare di bilancio , che ha esaminato le possibili conseguenze dell’attivazione della clausola di salvaguardia per la difesa. Un intervento finanziario di questa natura, avverte l’Upb, potrebbe rallentare l’uscita definitiva dell’Italia dalla procedura per deficit eccessivi a cui è sottoposta dalla Commissione europea.
rischio di squilibri nei conti pubblici
Secondo il report dell’Upb, l’aumento programmato della spesa militare potrebbe creare uno squilibrio nei conti pubblici legato al percorso di rientro dal continuo eccesso di deficit storico. Questa prospettiva impone una riflessione accurata sul modo e i tempi per mettere in pratica la clausola. Per il governo si tratta di bilanciare la spinta internazionale a incrementare la difesa con i vincoli del patto di stabilità e della situazione dei conti pubblici italiani.
Il bilancio pubblico e le misure previste dai regolamenti europei restano al centro del confronto, evidenziando come la spesa militare sia solo un tassello di un quadro economico più ampio. La scelta italiana riflette un’attenzione primaria alla stabilità finanziaria nazionale, un tema che continuerà a dominare le discussioni politiche e istituzionali nel 2025.