La rinuncia di Joe Biden alla rielezione ha scosso le fondamenta del Partito Democratico e ha creato una serie di interrogativi inaspettati a meno di un mese dalla convention. Mentre i Democratici cercano un piano B per la nomina presidenziale, emergono domande strategiche e legali che potrebbero influenzare il futuro politico degli Stati Uniti.
Le regole del Partito Democratico: delegati e candidature
Biden e i suoi delegati
Secondo le regole interne del Partito Democratico, Joe Biden non è obbligato a liberare i suoi delegati. A differenza dei Repubblicani, la cui normativa vincola i delegati a votare per il candidato scelto alle primarie, i Democratici hanno una maggiore flessibilità . I delegati devono “riflettere in buona fede” i sentimenti degli elettori, ma non sono obbligati a seguire un voto specifico. La scelta da parte della campagna di Biden di nominare delegati leali e fidati potrebbe comunque influenzare il loro sostegno a Kamala Harris, la vice presidente in corsa per la candidatura, anche se non vi è un vincolo formale in tal senso.
Il sostegno per Kamala Harris
In seguito alla rinuncia di Biden, la situazione per Kamala Harris si è rapidamente evoluta. La vice presidente ha bisogno di convincere i delegati a sostenerla, e a sole 24 ore dalla rinuncia di Biden, centinaia di delegati, che costituiscono parte dei circa 4.000 totali, hanno già manifestato il loro supporto per Harris. Alcune delegazioni statali hanno persino accettato di sostenere ufficialmente la vice presidente, segno di un significativo consenso all’interno del partito.
Il futuro finanziario della campagna
Harris e il controllo delle finanze
Un altro aspetto cruciale della transizione verso Kamala Harris è il controllo delle finanze della campagna. È stato ufficialmente avviato il processo per rinominare la campagna ‘Harris for President’, e questo le permette di accedere a oltre 96 milioni di dollari già raccolti dalla campagna Biden-Harris. I legali democratici sostengono che questa mossa è legittima, poiché il nome di Harris era già presente nella campagna di Biden. Tuttavia, questo scenario è nuovo nel panorama politico americano, quindi non è da escludere che i Repubblicani possano tentare di fare un ricorso legale contro questa decisione.
Convention virtuale e prossimi passi
Cosa aspettarsi dalla convention
La programmazione della convention democratica è stata messa in discussione dalla rinuncia di Biden. Prima di questo evento cruciale, era prevista una votazione virtuale per la selezione del candidato, fissata per la prima settimana di agosto. Questa iniziativa era stata lanciata in risposta all’anticipazione della scadenza per la presentazione dei nomi dei candidati in Ohio, ma ora, con l’emergere di nuovi sviluppi, il Partito deve decidere se mantenere o meno questo piano. La legge dell’Ohio, che avrebbe reso obbligatoria tale scadenza, non entrerà in vigore fino a settembre, e per questo motivo alcuni membri del partito suggeriscono di procedere con la votazione virtuale per evitare confusione a Chicago.
Tempistiche per la nuova candidatura
La tempistica per la nuova nomination di Harris è ancora incerta. Se il Partito Democratico dovesse centrare il suo sostegno attorno a Harris nei prossimi giorni, c’è la possibilità che venga incoronata durante la votazione virtuale prevista prima dell’7 agosto. Tuttavia, la commissione del partito deve prima radunarsi per discutere la questione della votazione virtuale e decidere se confermarla, rimandarla alla convention o anticiparla. Le dinamiche interne potrebbero influenzare notevolmente i prossimi passi.
Il panorama della competizione e le candidature alternative
Chi altro potrebbe correre?
In questo clima di indecisione, altre potenziali candidature contro Harris sono state menzionate, ma nulla di concreto si è ancora concretizzato. Al momento, nomi come Gavin Newsom, governatore della California, e Gretchen Whitmer, governatrice del Michigan, hanno già espresso il loro sostegno a Harris. Tuttavia, potrebbero emergere ulteriori concorrenti, e alcuni rumors indicano che Joe Manchin, senatore indipendente che ha lasciato il Partito Democratico, stia valutando la possibilità di candidarsi, nonostante le tensioni con l’ex amministrazione Biden.
Requisiti per una candidatura contro Harris
Per candidarsi contro Harris, un potenziale sfidante dovrà raccogliere le firme di un numero compreso tra 300 e 600 delegati, ma non più di 50 per ogni stato. Considerando il totale di 4.700 delegati e super delegati, questo lascia spazio a un massimo di 15 candidati in un ipotetico scenario di forte concorrenza, qualcosa che il Partito Democratico sicuramente cercherà di evitare per non alimentare ulteriormente il caos.
Implicazioni legali e future elezioni
Essere Democratici per candidarsi
Secondo le regole della convocazione per la convention del 2024, è necessario che i candidati presidenziali dimostrino di essere “veri Democratici”. Questo comporta la firma di un impegno formale che attesti la loro lealtà verso gli interessi del Partito. Tuttavia, nonostante queste regole, situazioni storiche come la partecipazione di Bernie Sanders alle primarie come indipendente dimostrano che esistono eccezioni che possono essere fatte.
Rischi per la presenza alle elezioni
Un tema crescentemente dibattuto è il rischio che i Democratici possano non apparire sulle schede elettorali in alcuni stati. I Repubblicani avanzano questa possibilità , augurandosi anche controversie legali da parte di certi stati. Tuttavia, al momento, le regole interne dei partiti stabiliscono un chiaro protocollo per l’attribuzione della nomination, e dato che Biden non è mai stato formalmente nominato come candidato dopo la sua rinuncia, questo rischio appare quanto meno remoto.
La situazione attuale dei Democratici richiede una gestione attenta per evitare di incorrere in problemi legali e organizzare una transizione fluida verso il nuovo candidato.