La battaglia per la vita e la morte: la scelta di una donna lombarda per il suicidio assistito in Svizzera

La battaglia per la vita e la morte: la scelta di una donna lombarda per il suicidio assistito in Svizzera

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La battaglia per la vita e la morte: la scelta di una donna lombarda per il suicidio assistito in Svizzera - Gaeta.it

Una donna di 51 anni, residente in Lombardia e affetta da sclerosi multipla da quasi due decenni, ha deciso di intraprendere un viaggio in Svizzera per accedere al suicidio medicalmente assistito. Questa scelta solleva interrogativi e dibattiti sul tema dell’eutanasia e dei diritti dei pazienti in Italia, dove il suicidio assistito è stato legalizzato a seguito della sentenza numero 242 del 2019. L’Assessore alla Salute del suo comune non ha ancora fornito la documentazione necessaria per procedere.

La storia di Ines e la ricerca di dignità

Chi è Ines?

Ines, un nome simbolico per tutelarne l’identità, rappresenta un caso emblematico nelle battaglie per i diritti dei malati in Italia. Diagnostica con sclerosi multipla, una condizione altamente debilitante, Ines ha vissuto un’errante esperienza di sofferenza per quasi vent’anni. Questa malattia autoimmune le ha progressivamente limitato le capacità fisiche e ha influito pesantemente sulla qualità della sua vita. Frustrata dall’incertezza e dalle limitazioni imposte dalla sua condizione, ha intrapreso un percorso che l’ha condotta verso la Svizzera, dove il suicidio assistito è legalmente riconosciuto.

La decisione di Ines di cercare aiuto oltre frontiera sottolinea una questione critica: l’accesso alle opzioni di fine vita per i malati terminali e le persone che soffrono di patologie croniche. Questa scelta, sebbene personale, solleva interrogativi di natura etica e giuridica, e ha riacceso il dibattito sull’eutanasia nel contesto giuridico italiano.

Il ruolo di ‘Soccorso Civile’

Chi è Soccorso Civile?

Accompagnata da Claudio Stellari e Matteo D’Angelo, membri dell’associazione ‘Soccorso Civile’, Ines ha avviato una collaborazione con un’organizzazione che si prefigge di supportare le persone in situazioni di grave disagio esistenziale. Soccorso Civile offre assistenza a chi decide di porre fine alle proprie sofferenze all’estero, un aspetto fondamentale in un contesto normativo e culturale che può ostacolare tali scelte. Marco Cappato, presidente e responsabile legale dell’associazione, è un noto attivista per i diritti civili e ha giocato un ruolo cruciale nel dibattito sull’eutanasia in Italia, contribuendo a sensibilizzare l’opinione pubblica e a promuovere il cambiamento legislativo.

La mission di Soccorso Civile è quella di garantire un percorso dignitoso a chi, come Ines, è in un momento cruciale della propria vita. L’associazione si occupa di supportare non solo il percorso legale, ma anche quello umano, per assicurare che ogni individuo possa prendere decisioni consapevoli, senza affrontare da solo il peso di tale scelta.

La risposta prudente delle autorità sanitarie italiane

La questione legale e burocratica

Il percorso legale per accedere al suicidio assistito in Italia è complesso e, in alcuni casi, frustrante per chi cerca aiuto. La situazione di Ines ha messo in evidenza il ritardo delle autorità sanitarie nel fornire risposte chiare e tempestive. Dopo aver presentato la propria richiesta di assistenza nel maggio scorso, la donna ha dovuto affrontare una serie di passaggi burocratici poco chiari. L’Azienda Sanitaria Locale competente non ha trasmesso la necessaria relazione finale e il parere del comitato etico, come richiesto.

Dopo una prima diffida inviata dai legali di Ines, coordinati dall’avvocata Filomena Gallo, la Commissione medica della ASL ha effettuato due visite, senza fornire però le indicazioni richieste sulla sussistenza delle condizioni necessarie. La mancanza di un parere definitivo ha costretto Ines a intraprendere un’ulteriore diffida, evidenziando l’urgenza di avere un intervento deciso da parte del Servizio Sanitario Nazionale. La sentenza della Corte Costituzionale ha chiarito che le istituzioni devono agire “prontamente” per garantire il rispetto dei diritti dei pazienti, un aspetto che, nel caso di Ines, non è stato rispettato.

Nonostante i requisiti previsti dalla sentenza della Consulta siano considerati soddisfatti, il protrarsi del processo ha spinto Ines a considerare altre opzioni, culminando nella scelta della Svizzera per ricevere l’assistenza di cui ha bisogno.

Il significato del viaggio in Svizzera

Una scelta dolorosa ma necessaria

Il viaggio di Ines in Svizzera rappresenta non solo una liberazione personale ma anche un atto simbolico che evidenzia le lacune del sistema sanitario italiano. La donna ha deciso di cercare un modo per porre fine alle sue sofferenze, malgrado le complessità normative del suo paese. Il suicidio assistito in Svizzera è oggetto di una legislazione più favorevole, che garantisce un procedimento più snello e decisivo per coloro che si trovano in situazioni simili.

Questo caso riapre le discussioni su cosa significhi per le persone avere accesso a una morte dignitosa, ponendo domande su come le società possano e debbano rispondere alle esigenze dei più vulnerabili. Non si tratta solo del singolo caso di Ines, ma di una problematica più ampia che tocca la sfera dei diritti civili, dell’autodeterminazione e dell’assistenza sanitaria. La lotta di Ines è un richiamo alla responsabilità collettiva, affinché i diritti di tutti i pazienti siano riconosciuti e tutelati in tutte le fasi della vita.

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