La Commissione Europea ha attivato un procedimento legale nei confronti dell’Italia per presunta violazione dei diritti dei lavoratori mobili all’interno dell’Unione Europea. Al centro della controversia c’è il regime dell’assegno unico, che sembra escludere i lavoratori provenienti da altri Stati membri. Questo articolo esplora i dettagli di questa situazione e le implicazioni legali per l’Italia, evidenziando il diritto dei lavoratori e le politiche europee in materia di prestazioni familiari.
Problematiche legate all’assegno unico
Cosa prevede il nuovo regime italiano
Nel marzo del 2022, l’Italia ha introdotto l’Assegno Unico e Universale per i figli a carico, un’iniziativa volta a semplificare le prestazioni familiari e a garantire un supporto economico alle famiglie con figli. Tuttavia, il nuovo regime prevede che i lavoratori non residenti, ossia coloro che non risiedono in Italia da almeno due anni, non possano accedere a questa prestazione. Inoltre, la norma si applica anche ai figli che non risiedono nel territorio italiano, escludendo quindi una parte importante della forza lavoro europea.
Questo provvedimento ha destato preoccupazione e critiche, poiché risulta in contraddizione con i principi di inclusione e parità di trattamento promossi dall’Unione Europea. La Commissione Europea indica che tale restrizione appare discriminatoria nei confronti dei lavoratori mobili da altri Stati membri, che, pur contribuendo al sistema di sicurezza sociale italiano, si vedono negati diritti fondamentali.
Le critiche della Commissione Europea
La Commissione Europea ha messo in evidenza come il principio di parità di trattamento, sancito dai regolamenti in materia di sicurezza sociale e di libera circolazione dei lavoratori, imponga a tutti i cittadini dell’UE di ricevere le stesse prestazioni, indipendentemente dalla loro nazionalità o luogo di residenza. In particolare, i lavoratori mobili dovrebbero godere degli stessi diritti sociali di chi risiede stabilmente in Italia, specie se hanno contribuito allo stesso modo al sistema di welfare nazionale.
Questo punto di vista è sostenuto anche dall’articolo 45 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, che enfatizza il diritto dei cittadini europei di trasferirsi e lavorare liberamente negli altri Stati membri. La Commissione ha quindi sottolineato come il regime dell’assegno unico possa violare tali diritti fondamentali, nonché il Regolamento 883/2004, che regola il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale.
Il percorso verso la Corte di giustizia dell’UE
I passaggi legali intrapresi dalla Commissione
Nel febbraio 2023, la Commissione Europea ha inviato all’Italia una lettera di costituzione in mora, un atto formale che rappresenta il primo passo di una procedura legale. Successivamente, nel novembre 2023, è stato emesso un parere motivato, nel quale sono stati chiariti i motivi per cui il regime dell’assegno unico è considerato inadeguato e non conforme alle normative europee. Tuttavia, la risposta fornita dal governo italiano non ha soddisfatto le preoccupazioni della Commissione, portando a un ulteriore passo legale.
La decisione di deferire il caso alla Corte di giustizia dell’Unione Europea può comportare significative conseguenze per l’Italia, il cui governo dovrà fornire spiegazioni dettagliate in merito alle proprie politiche previdenziali e al rispetto dei diritti dei lavoratori. La Corte di giustizia avrà il compito di valutare se l’assegno unico rappresenti una violazione dei diritti dei lavoratori mobili e se sia compatibile con le normative europee.
Risonanza delle decisioni europee
Questa situazione è particolarmente rilevante in un contesto di crescente mobilità lavorativa all’interno dell’Unione Europea. Gli effetti di una sentenza della Corte di giustizia potrebbero non solo alterare il regime attuale degli assegni familiari in Italia, ma anche influenzare le politiche di altri Stati membri riguardo ai diritti dei lavoratori migranti. L’attenzione internazionale su questa questione potrebbe spingere altri Paesi a riesaminare le loro normative, garantendo che siano allineate ai principi di equità e giustizia sociale promossi dall’Unione Europea.
La fase attuale di questo contenzioso legale segnerà un’importante tappa nel dialogo tra le istituzioni europee e l’Italia, portando a riflessioni più ampie sul futuro delle politiche sociali nell’Unione e sulla qualità dei diritti dei lavoratori europei.