Cecilia Sala, giornalista e corrispondente, ha recentemente condiviso la sua drammatica esperienza durante la prigionia in Iran, avvenuta a dicembre scorso. Ospite del programma televisivo “Che tempo che fa“, ha descritto in dettaglio i momenti angoscianti trascorsi in un carcere di massima sicurezza, sottolineando le difficoltà e le umiliazioni affrontate in quel periodo. Nonostante la sua detenzione sia stata breve, solo 21 giorni, ha evidenziato l’impatto psicologico e fisico di un’esperienza così traumatica.
L’arresto e le condizioni di detenzione
Il 19 dicembre 2022, Cecilia Sala è stata arrestata in Iran, dove si trovava regolarmente con un permesso giornalistico. Durante l’intervista, ha rivelato che uno dei momenti più difficili è stato il suo isolamento all’interno della prigione. La giornalista ha riferito che, nonostante fosse fortunata a essere stata lì per un periodo relativamente breve, altre persone che conobbe erano detenute per tempi molto più lunghi. Queste condizioni di detenzione, spesso caratterizzate da un trattamento disumano, possono segnare profondamente chi ne è vittima. Cecilia ha raccontato la sua lotta per mantenere la sanità mentale, affermando: “Adesso aiutata riesco a dormire.”
L’interrogatorio e le condizioni psicologiche
Dettagliando i suoi interrogatori, Cecilia ha descritto come venisse sottoposta a pressioni intense. Ricordando il momento in cui veniva interrogata incappucciata e con la faccia rivolta verso il muro, ha sottolineato la brutalità del processo. “Venivo interrogata sempre dalla stessa persona, che parlava un inglese impeccabile. Capivo che conosceva molto bene l’Italia,” ha detto, rivelando la sensazione di vulnerabilità che provava in quei momenti. La giornalista ha avuto un crollo emotivo durante uno degli interrogatori, che si è concluso con la somministrazione di una pasticca per calmarla. Queste situazioni mostrano l’alto livello di stress e tormento psicologico che i prigionieri possono subire.
La richiesta del Corano e la vita quotidiana in prigione
Un altro aspetto drammatico della sua detenzione è il tentativo di Cecilia di mantenere un legame con la sua spiritualità e il suo essere umano. La giornalista ha chiesto un Corano in inglese, pensando che in un carcere di massima sicurezza tale richiesta non potesse essere rifiutata. Purtroppo, il suo desiderio è stato negato. In mancanza di libri o materiale di lettura, ha ingannato il tempo contandosi le dita e leggendo mentalmente gli ingredienti sulle buste di cibo che le venivano date. Questi dettagli illuminano la frustrazione e la solitudine provata durante quei giorni angoscianti.
Cecilia Sala ha saputo affrontare una situazione di isolamento e sofferenza, raccontando una storia che rimarrà impressa nella memoria collettiva. Le sue parole non solo documentano le atrocità subite, ma fungono anche da monito sulla vulnerabilità dei diritti umani, specialmente in contesti di repressione politica. Seppur il suo calvario sia durato poche settimane, l’impatto di tali esperienze nel contesto della libertà di stampa e dei diritti individuali è significativo e merita attenzione e riflessione.
Ultimo aggiornamento il 19 Gennaio 2025 da Laura Rossi