La situazione nelle carceri abruzzesi, in particolare presso la casa circondariale di Pescara, ha raggiunto livelli critici. Il sindacato Osapp ha sollevato preoccupazioni significative sulla carenza di personale e il sovraffollamento, che mettono a rischio sia i detenuti che il personale stesso. Questi elementi, uniti a decisioni contestabili da parte della direzione, hanno creato un clima di insoddisfazione e di allerta tra i rappresentanti sindacali. Nicola Di Felice, Segretario Regionale dell’Osapp, ha messo in evidenza la necessità urgente di interventi strutturali e di un confronto tra le istituzioni per affrontare una crisi che minaccia seriamente la sicurezza.
La gestione della rivolta e le scelte discutibili
Il 23 marzo, la casa circondariale di Pescara è stata teatro di una rivolta, ma la reazione delle autorità ha sollevato perplessità . Di Felice ha criticato la decisione di trasferire la Direttrice durante un momento di crisi. Questa manovra, secondo il sindacato, è stata poco sensata e non ha tenuto in considerazione i problemi già evidenziati da tempo, che continuano a sfavorire la gestione dell’istituto. La direttrice, pur non essendo stata a lungo protagonista di azioni efficaci, non doveva subire un provvedimento così severo in un momento delicato. Il sindacato ha organizzato manifestazioni già a dicembre, segnalando un deterioramento degli equilibri tra la direzione e il personale.
Di Felice ha sottolineato che la situazione attuale è il risultato della disparità tra la posizione centrale di Roma e le reali difficoltà vissute in Abruzzo. Il sovraffollamento, con una percentuale che tocca il 180%, non è un problema che si può attribuire solamente alla direzione. La mancanza di adeguate strutture e risorse rappresenta un problema sistemico, una crisi radicata nel tempo, che richiede interventi urgenti e mirati. Il sindacato ha mosso accuse precise, cercando di stimolare un cambiamento nella gestione delle politiche carcerarie.
L’impegno del personale e la fragilità della situazione
Un doveroso riconoscimento va al personale penitenziario, che ha affrontato il momento di crisi con determinazione e professionalità . Il personale presente durante la rivolta ha gestito con intelligenza i rischi, mentre coloro che sono stati chiamati a intervenire da altre sedi hanno risposto tempestivamente all’emergenza. Queste figure, che spesso devono tornare al lavoro dopo turni estenuanti o provenendo anche da luoghi lontani, si sono unite per garantire la sicurezza non solo all’interno della struttura, ma anche all’esterno, nella città di Pescara.
La pericolosità della situazione è amplificata dal fatto che la prigione si trova in una zona densamente popolata. Se la rivolta avesse portato a una fuga, le conseguenze avrebbero potuto essere drammatiche. La struttura penitenziaria si trova, dunque, al centro di un contesto urbano che necessita di una gestione attenta e rigorosa. Il sindacato ha lanciato un invito alle autorità competenti di affrontare la questione progettando una nuova struttura penitenziaria, adeguatamente posizionata e completando i lavori di ristrutturazione necessari.
La realtà del personale carcerario e il sovraffollamento
Il tema del sovraffollamento e della carenza di personale interessa più di un istituto in Abruzzo, inclusi Teramo, Chieti, Sulmona, Avezzano e Vasto. Le misure di sicurezza inadeguate unite alla scarsità di uomini in divisa contribuiscono a creare una situazione pericolosa. La carenza di personale non riguarda solo gli agenti di polizia penitenziaria, ma coinvolge anche tutte le altre figure professionali che operano negli istituti.
La denuncia del sindacato è chiara: il personale di polizia penitenziaria a Pescara è ridotto di quasi il 30%, con una capienza prevista di circa 250 detenuti, ma nel corso del tempo il numero dei reclusi è aumentato, raddoppiando. Un’analogia per far comprendere la questione è quella dell’ospedale, che si trova a dover gestire un numero doppio di pazienti rispetto a quanto programmato, con medici e infermieri insufficienti a garantire servizi essenziali. Queste problematiche riguardano tutte le case circondariali della regione, da Teramo a Sulmona.
La scelta dei detenuti e le conseguenze territoriali
Un altro punto cruciale sollevato da Di Felice riguarda il tipo di detenuti inviati negli istituti abruzzesi. Si è notata una concentrazione di individui con problematiche già segnalate in altre regioni, creando un mix critico che incide anche sulla sicurezza del territorio. Il segretario ha chiesto chiarimenti alla politica locale riguardo a queste scelte, sottolineando che non si possono ignorare le conseguenze che queste decisioni hanno sulla comunità .
La gestione carceraria non può essere considerata un aspetto isolato, ma deve essere vista in un’ottica di sicurezza e benessere per l’interconnesso territorio. L’appello del sindacato è diretto: è cruciale affrontare con serietà la questione della carcerazione in Abruzzo e avviare un dialogo aperto tra le istituzioni per trovare soluzioni realmente efficaci che migliorino non solo le condizioni dei detenuti, ma anche la sicurezza della popolazione locale, che merita un ambiente urbano più tranquillo e controllato.