Il caso di M. rispecchia una realtà inquietante: la difficoltà di una madre nel ricostruire il legame con il proprio figlio sottoposto a una separazione prolungata dalle figure familiari. Questo racconto, che coinvolge le istituzioni e le dinamiche familiari, si svolge nel territorio di Mogliano Veneto, dove le decisioni degli organi competenti hanno generato una spirale di sofferenza e alienazione. A partire dall’allontanamento di M. da sua madre, un intreccio di relazioni e pratiche controverse ha reso la sua vita una continua battaglia per il riconoscimento dei suoi diritti e dei suoi legami affettivi.
La guerra della famiglia per il piccolo M.
Nel gennaio 2025, M. ha potuto finalmente riabbracciare la madre e i nonni materni, un momento positivo dopo tre anni di assenza. Tuttavia, la possibilità di rimanere uniti sembra di nuovo minacciata. Il bambino era stato allontanato dalla madre, Laura R., all’età di sette anni sulla base di argomentazioni legate alla cosiddetta Parental Alienation Syndrome , una teoria scientificamente contestata. Dopo un lungo soggiorno in una comunità , M. era stato collocato presso il padre, un uomo violento, come confermato dallo stesso Dott. Fabio Roia, presidente del Tribunale di Milano. La situazione ha attirato l’attenzione della Commissione parlamentare d’inchiesta sul Femminicidio, riconoscendo la vicenda di M. e Laura come un caso emblematico di violenza istituzionale.
Il Tribunale per i Minorenni di Venezia, nel 2019, si era già espresso contro il trasferimento di M. dalla madre, dichiarando che non era nell’interesse del minore. Nonostante ciò, la Corte d’Appello di Roma a maggio 2024 ha ordinato ai servizi del consultorio familiare di occuparsi del riavvicinamento tra M. e la madre, suggerendo che si doveva procedere rapidamente per prevenire ulteriori danni psicologici al bambino.
Alienazione istituzionale e ostruzionismo
Nonostante il chiaro decreto della Corte, la situazione non è migliorata. Gli operatori del Consultorio Familiare di Mogliano Veneto hanno manifestato un atteggiamento di alienazione, ignorando gli ordini recepiti e continuando a favorire la condotta del padre, che ha tentato di mantenere il figlio lontano dalla madre. Laura, consapevole della gravità della situazione, ha cominciato a richiedere accesso alla documentazione sociale di M. ma ha trovato resistenza da parte dell’ULSS 2 di Marca Trevigiana, risultando in un diniego continuo di tale diritto.
Il ricorso al TAR Veneto ha portato finalmente a un giudizio favorevole per Laura, che ha ottenuto l’accesso alla documentazione. A questo punto, la madre ha potuto raccogliere prove di collusioni tra gli operatori del consultorio per nascondere comportamenti inappropriati da parte del padre, inclusi interventi non necessari su M. e gravi misure di maltrattamento. La situazione è diventata più complessa quando, nel maggio 2024, non si erano ancora messi in atto i provvedimenti di riavvicinamento fissati dai giudici, aggravando ulteriormente il danno psicologico già subito da M..
Lotta per la giustizia e per i diritti
Con il passare del tempo e l’evidente ostruzionismo da parte degli operatori sociali, Laura insieme ai nonni ha continuerà a richiedere chiarimenti e supporto al servizio territoriale competente, trovando però solo risposte evasive. Durante la Prima Comunione di M., un incontro tra madre e figlio si è rivelato positivo, ma ha anche messo in luce la violenza del padre, che ha tentato di separare Laura dal bambino con minacce e aggressività .
Dopo mesi di solleciti, il Consultorio Familiare ha infine disposto una ripresa degli incontri, quell’azione necessaria per ripristinare il legame famigliare. Tuttavia, gli operatori hanno mostrato la volontà di mantenere il controllo su questi incontri e di non facilitare ulteriori contatti. Laura ha chiesto videochiamate settimanali che sono state ignorate e ha sollevato la questione delle utenze telefoniche bloccate dal padre, che ha impedito la comunicazione continua tra M. e la madre.
Nonostante le difficoltà , la madre continua a combattere per la riammissione dei contatti. Le comunicazioni con il Consultorio hanno portato a ritardi e confusione, aumentando l’urgente necessità per un intervento decisivo e immediato delle autorità competenti per garantire i diritti del bambino.
La situazione attuale
A febbraio 2025, la situazione per M. rimane precaria. Nonostante i tentativi della madre di stabilire un contatto regolare, il Consultorio e l’ULSS2 continuano a non dare risposte adeguate, e nella più assoluta indifferenza, il piccolo M. continua a subire un danno psicologico tangibile. L’intervento di Laura presso la giustizia è volto non solo a difendere i diritti del figlio ma anche a richiamare l’attenzione pubblica su una questione che coinvolge le istituzioni e la loro responsabilità nel garantire il bene dei minori.
La lotta di Laura per ottenere giustizia è rappresentata come un esempio di come alle volte le istituzioni possano fallire nel garantire la sicurezza e il benessere dei più vulnerabili, un monito per chi deve vigilare su queste delicate dinamiche familiari e affettive. La guarigione del piccolo M., messe da parte le difficoltà legate alle istituzioni, dipende da una risposta tempestiva e responsabile che metta sempre al primo posto l’interesse del minore.